domenica 5 aprile 2020

Possessione Rituale del Corpo (Profetizzare) VS della Mente (Unione delle Coscienze) del Praticante


Mi sono accorto di aver trattato il tema dell'Invocazione o Possessione Rituale senza spiegare come profetizzare, ovvero parlare, scrivere o agire per conto della Divinità in tale stato. Rimedio subito con questo articolo, che più che un articolo vero e proprio è uno schemetto che riassume i vari step della tecnica per il praticante.
Iniziamo!

Parlare, Agire o Scrivere per conto della Divinità (Profetizzare) in Possessione Rituale

Dopo rito di possessione rituale (offerta -> chiamata/inno/invocazione e richiesta di discendere nel corpo del praticante -> visualizza assumere forma divina (o scendere nell'altro mondo, contattare entità e chiedere di risalire nel tuo corpo) + ripetizione o canto nomi o richiesta di scendere [meglio con musica di sottofondo]):

:: Agire come la Divinità ::
Segui ogni movimento che il tuo corpo vuole fare, che ti senti di fare o che ti senti ispirato a fare, fai attenzione alle piccole spinte e assecondale.
Facciamo tutto ciò che ci viene alla mente di fare o sentiamo la spinta a fare o che sentiamo l'ispirazione a fare o che sentiamo naturale fare.

Talvolta può assumere forma di una danza, altre volte semplici gesti.

Agire in Possessione Rituale = Gesti ispirati (ti viene il pensiero di fare) + gesti automatici (senti la spinta a fare)

Nell'agire come ci sentiamo di agire emergerà qualcosa che siamo sicuri non essere nostro.

:: Parlare come la Divinità ::
Dire tutto ciò che siamo ispirati, spinti a dire, dire tutto ciò che sentiamo di dire.
Diciamo tutto ciò che ci viene in mente o che sentiamo la spinta a dire o che sentiamo l'ispirazione a dire o che sentiamo naturale dire.
Nel parlare come ci sentiamo di dire emergerà qualcosa che siamo sicuri non essere nostro.

Parlare in Possessione Rituale = Parole ispirate (ti viene il pensiero di dire) + parole automatiche (senti la spinta a dire o la bocca le pronuncia senza che te ne rendi conto)

:: Scrivere come la Divinità ::
Segui ogni movimento che la tua mano vuole fare, che ti senti di fare o che ti senti ispirato a fare, fai attenzione alle piccole spinte e assecondale.
Scriviamo tutto ciò che ci viene alla mente o che sentiamo la spinta a scrivere o che sentiamo l'ispirazione a scrivere o che sentiamo naturale scrivere.
Nello scrivere come ci sentiamo di scrivere emergerà qualcosa che siamo sicuri non essere nostro.

Scrittura ispirata: senti nella mente e scrivi.

Scrittura automatica: la mano scrive da sola/piccole spinte che si assecondano/ecc.

Questa scrittura in possessione rituale = scrittura ispirata + scrittura automatica.

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Questa forma di possessione rituale è la possessione rituale del *corpo* del praticante.

Invece la possessione rituale dell'*unione delle menti della Divinità e del praticante* consiste nell'andare avanti a ripetere il nome o la richiesta (+ visualizzare l'assunzione divina, se riusciamo o non ci distrae) finché non percepiremo le cose in maniera intuitiva, senza l'ausilio del pensiero, come se ci fossero infuse, come se avessimo già le risposte a tutti i nostri interrogativi, come se le conoscessimo intuitivamente (unione parziale delle coscienze), e deve continuare fino all'unione totale delle coscienze della Divinità e del praticante (conoscenza di o accesso a tutto ciò che conosce la Divinità in maniera intuitiva) o fino all'esaurimento.

Infine, l'*evocazione* è il vedere (dopo aver chiamato la Divinità) come visione via trance o come viaggio e riportare ad alta voce ciò che si vede/sente/percepisce.

Il channeling spesso è questo tipo, un'evocazione.

È evocazione anche la chiamata + la percezione a livello sensoriale della presenza della Divinità (es. tramite ripetizione dei nomi o della chiamata della Divinità, magari visualizzandola) + divinazione per ottenere i responsi.


Quindi:
- Evocazione/channeling: vedi (tramite trance o viaggio) o senti (tramite cono di potere [ripetendo o cantando nomi o chiamate, ed eventualmente danzando] o trance o visualizzazione) la Divinità e riporti ciò che vedi o senti.

- Possessione Rituale del Corpo: parlare, agire o fare gesti, scrivere in maniera ispirata o spinta (che senti, "automatica") dalla Divinità.

- Possessione Rituale della Mente: dopo rituale, (assunzione forma divina +) ripetizione o canto dei nomi o della chiamata
-> consiste nell'unione parziale (conoscenza infusa, intuitiva dei quesiti) o totale (accesso a o conoscenza di tutto ciò che conosce la Divinità in maniera intuitiva).

sabato 7 marzo 2020

Istinto e Intuizione Poetica nelle Evocazioni


Mi sono accorto che ho via via creato una sorta di "schema" delle Evocazioni e delle Offerte, che ha un po' "ristretto" il sentire, costringendolo all'interno di un elenco di azioni prefissate, che via via che vengono ripetute rituale dopo rituale, diventano abitudini, e per questo perdono così la loro magia.

Se manca la magia, il senso di meraviglia, nell'approcciarsi a un rituale, manca automaticamente anche la percezione della Divinità chiamata, e se manca tale percezione allora non parliamo più di Evocazione (o di Invocazione, se viene chiamata in sé) ma di semplice "messa pagana", ovvero di una litania ripetuta per mera abitudine ma che è lontana anni luce dal produrre un risultato autentico, una percezione reale della presenza dello Spirito o della Divinità chiamati.

Quasi sempre vi è, nelle prime fasi delle Evocazioni, un Inno o una Formula di Chiamata prestabilita, spesso espressa in forma poetica.
Questo bellissimo strumento, l'inno, diventa purtroppo inutile dopo qualche impiego, perché il nostro cervello si abitua alle parole che ripetiamo, che diventeranno via via sempre meno incisive e sempre più "messa pagana".
Dopo anni di utilizzo degli stessi inni, tali composizioni avranno perso completamente il loro potenziale evocativo.

È sempre possibile trovare nuovi inni, nuove invocazioni, ma io ci ho provato e non è mai facile. Anche perché dopo un paio di utilizzi perfino i nuovi inni perdono potere evocativo, non ci trasmettono più nulla, e non possiamo trovare infiniti nuovi inni.

Ecco che la soluzione più semplice è allora quella di leggere poesie, altri inni, componimenti di ogni tipo (anche rivolti ad altre Entità o addirittura non-spirituali) durante la giornata e lasciare che invece, dopo aver acceso le nostre candele e aver offerto l'incenso agli Dei, tali parole apprese in precedenza si mescolino e fluiscano in noi creando componimenti nuovi, composti sul momento.

Piuttosto che guardare alla formula perfetta, è sempre meglio diventare poeti, e far sì che ogni volta che ritualizzeremo potremo creare un nuovo e differente componimento poetico, evocativo, per la nostra Divinità Patrono, che non riuseremo altre volte ma che lasceremo scomparire con la fine del rituale eseguito.

È possibile a questo punto mescolare tali componimenti con gesti spontanei, musica, movimenti del corpo e danza, canto dei nomi della Divinità, divinazione, visualizzazioni ad alta voce, richieste alla Divinità di scendere nel nostro corpo, di farci percepire la sua presenza in ogni parte di noi, nelle mani o scendendo dalla testa ai piedi e risalendo poi nel nostro cuore; richiedendole di scendere e farsi percepire nel luogo sacro in cui la stiamo chiamando, in cui la stiamo evocando; omaggiare la Divinità con attributi (anche non classici o fuori dal dominio standard dell'Entità, se ci ispirano comunque una connessione con Essa) in stile poetico ispirato sul momento; inframezzare questa ispirazione poetica sul momento al parlare liberamente, confidando il nostro vissuto esteriore ed interiore agli Dei e/o facendo loro richieste.

Ognuno di questi atti dovrebbe essere compiuto in maniera spontanea, guidato dal nostro senso di magia, di meraviglia e di stupore.

Potremmo affiancarli anche alla consumazione di una bevanda o un banchetto in onore alla Divinità, affermando che in questo modo il potere degli Dei, al penetrare della bevanda nel nostro corpo, discenda allo stesso modo dentro di noi e ci pervada, permettendoci di assorbire almeno in parte il loro Infinito Potere.

È possibile, nel proprio sprint poetico, lasciarsi suggestionare dalla vita degli stregoni e delle streghe del passato, vedendoci in continuità con loro, riprendendo i loro stessi culti; dagli scenari dell'immaginario stregonesco e pagano come i templi, la terra delle fate, il sabba, le colline cave, le montagne, le foreste e i paradisi magici dove si tenevano le riunioni di streghe, isole fantastiche e magiche, alberi di noce e boschi fatati attorno a cui le persone danzano, o falò che svolgono la stessa funzione; il paese di cuccagna, le varie corti fatate, le processioni degli spiriti e così via.

Possiamo ispirarci ai grandi come Shakespeare e ai personaggi come Prospero, ambientazioni come quelle di Sogno di una Notte di Mezza Estate, la Notte di Valpurga del Faust di Goethe, ma anche casi stregoneschi famosi come quelli delle streghe britanniche che viaggiavano presso la Corte della Regina di Elphame.

È possibile ascoltare anche musica e canzoni connessi alla stregoneria, leggere brevi passi di miti, poesie, racconti popolari, confessioni di streghe e stregoni e così via per farsi ispirare al momento.

Possiamo chiedere agli Dei risposte tramite i tarocchi, il pendolo, i dadi, specchi, sfere di cristallo e altri oracoli; chiamare e cantare ripetutamente i loro nomi, meditare su di essi o sul respiro fino a ricevere una loro visione o partire con vere e proprie visualizzazioni guidate.

È possibile fare infinite altre attività.
La cosa più importante, in ogni caso, è che ciascuna azione avvenga in modo spontaneo e ispirata al monento, in maniera istintiva.
Non devono essere fasi distinte nettamente, deve essere tutto almeno in parte mescolato, affinché in questo mix si crei ad ogni rituale una nuova combinazione, unica e irripetibile, e ciò ci porti ogni volta a sentire sempre di più, sempre di più gli Dei che chiamiamo.

La poesia, ovviamente, aiuta in questo processo.
Leggere poesie durante il nostro tempo libero ci aiuta infatti a essere continuamente sottoposti a suggestioni che possono a loro volta tornare alla mente durante i rituali e permetterci di rendere le nostre lodi agli Dei molto più artisticamente belle e molto più magicamente efficaci, rafforzando il legame con gli Dei e permettendoci di sentirli durante le nostre Evocazioni e Invocazioni.

martedì 3 marzo 2020

Animismo o Politeismo? Ovvero: Cosa sono gli Dei?



Quando parliamo di Paganesimo parliamo necessariamente di Politeismo.
Possiamo distinguere tra un Politeismo "Morbido" ("Soft" Polytheism) e un Politeismo "Duro" ("Hard" Polytheism).
Il Politeismo Morbido crede che gli Dei siano aspetti di un Dio impersonale (solitamente chiamato, riprendendo dalla filosofia antica, "l'Uno" o "l'Uno-Tutto"), mentre il Politeismo Duro crede che gli Dei siano Esseri indipendenti e separati.

Io sono partito con la Wicca quando ero molto piccolo, e quindi ho creduto inizialmente in una sorta di "Politeismo Morbido", però duoteista (gli Dei maschili sono aspetti del Principio Maschile o "Dio" e le Dee femminili sono aspetti del Principio Femminile o "Dea") e non monista (gli Dei sono aspetti personali dell'Uno impersonale).

Via via mi sono però accorto che la Natura, che dovrebbe essere l'incarnazione degli Dei, non è solo maschile o femminile, e che soprattutto questo "Dio" e questa "Dea", riassumendo vari aspetti personali molto diversi tra loro - troppo diversi per poter creare un'unica personalità armonizzata con i vari aspetti (es. se hai personalità1 che è felicità, personalità2 che è pace e personalità3 che è amore, hai una super-personalità che le include che è sia felicità che pace che amore, che è funzionale) e non una che avesse sia un polo che l'altro, sia un estremo che il suo opposto (in questo caso, se hai personalità1 compassione e personalità2 crudeltà, non hai una personalità armonizzata nei suoi aspetti) -, non era possibile che fossero Esseri Personali, ma al massimo Impersonali. Quindi raggruppamenti. Cose.

Alla lunga ho realizzato che, dato che la riproduzione sessuata non è l'unica forma di riproduzione nel mondo ed è anche abbastanza recente, non era nemmeno detto che Principio Maschile e Principio Femminile fossero anche dei raggruppamenti, perché pensare che tutto l'Universo funzioni in base a dei principi di riproduzione sessuata che nemmeno sono presenti in tutti gli esseri è assurdo.
Al massimo - pensavo - poteva esistere il maxi-raggruppamento equiparabile con l'insieme dell'Universo sia fisico che spirituale, il Tutto o Uno.
Anche qui, però, l'Uno non è possibile che sia un Essere Personale, è necessariamente un essere impersonale. Un raggruppamento. Un "Qualcosa" e non "Qualcuno".

Quindi gli Dei, nella mia visione, sono diventati - come dicono i Politeisti Duri - Esseri Indipendenti e Separati, perché tanto quest'Uno, essendo impersonale, ritualmente nella pratica è come se non ci fosse, mentre a livello teorico ero più vicino al Politeismo Morbido, asserendo che gli Dei fossero gli aspetti personali dell'Uno impersonale.

Ma un secondo... non siamo tutti aspetti personali dell'Uno impersonale? Non sono forse anche io un aspetto personale (essendo una persona) dell'Uno (vivendo nell'Universo)?
Allora cosa ci distingue dagli Dei?
Gli Dei sono aspetti coscienti dell'Uno impersonale, mi sono detto.
Ma come fanno a essere coscienti? Ci sono nati, coscienti?
Se fosse così a cosa serve il meccanismo della reincarnazione (che si presuppone abbia senso come sistema solo in quanto permette all'Uno di sperimentarsi come separato e poi di riunirci ad Esso)?
Perché se gli Dei non sono mai stati separati dall'Uno, allora esistono davvero? Non essendo mai stati separati sarebbero mere "maschere" e non vere "persone". Sarebbero dei simboli.
Ma allora con chi ho interagito? Chi erano quelle personalità?
E' evidente dunque che avessero una personalità.

Ecco dunque che mi sono risposto con questa idea: gli Dei sono spiriti che, come tutti, si sono incarnati e poi sono tornati all'Uno.
Ma, essendoci il "Dio di questo fenomeno naturale" e il "Dio di quest'altro fenomeno naturale", era evidente che gli Dei fossero gli Spiriti dei fenomeni naturali, l'Anima dei fenomeni naturali, oltre che aspetti dell'Uno coscienti di esserlo.
Quindi gli Dei sarebbero stati Spiriti riuniti all'Uno che non partivano dalla condizione di esseri umani ma da quella di Spiriti della Natura.

Però, se si sono riuniti all'Uno, come fanno ad avere una personalità?
Era per me evidente che, se rispondevano ancora, questo voleva dire che una volta raggiunto l'Uno non si perda la propria coscienza personale.
Da questa osservazione ho compreso che gli Dei e tutti gli Spiriti abbiano:
- un corpo fisico (per noi il corpo umano, per gli Dei il fenomeno naturale di cui sono lo spirito)
- uno spirito o coscienza personale (per noi il nostro corpo sottile che vediamo nel viaggio extracorporeo e per loro lo spirito che ci appare quando li contattiamo in trance o in sogno)
- una coscienza universale (l'Uno che si esprime tramite essere umano nel nostro caso o come spirito di un fenomeno naturale nel caso degli Dei).

Dire quindi che gli Dei siano aspetti coscienti dell'Uno non vuol dire che abbiano dissolto il loro corpo fisico e il loro corpo spirituale, ma che, mentre prima erano identificati con l'uno o con l'altro, adesso si siano identificati con l'Uno che si esprime tramite loro e che li collega al resto dell'Universo.

Però... come è possibile capire quale Spirito della Natura sia un Dio e quale no?
Di solito esiste una gerarchia nelle religioni pagane, una separazione tra gli Dei più propriamente detti e degli Dei minori o Spiriti come le Ninfe ed entità simili.

Ho dunque creduto che le Ninfe e gli altri Spiriti della Natura più "locali" (Spiriti dei Luoghi) fossero appunto Spiriti, identificati con il loro luogo (corpo fisico) o con la loro anima (corpo sottile/coscienza personale), mentre gli Spiriti della Natura più "non-locali" (ovvero dei fenomeni naturali più grandi, che ritroviamo in ogni parte del mondo), essendo vissuti da più tempo (il Sole o la Terra esistono da più tempo del bosco medio, che è relativamente recente), abbiano accumulato così tanta saggezza da essere stati in grado di raggiungere l'identificazione con l'Uno.
Solo questi ultimi - gli Spiriti non-locali - erano dunque Dei, mentre gli Spiriti locali erano appunto Spiriti.

Ma ma ma... chi lo dice che uno Spirito non-locale abbia necessariamente raggiunto l'Uno? E chi lo dice che uno Spirito locale non l'abbia raggiunto?
Inoltre se tutto è Uno, l'identificazione con l'Uno non cambia assolutamente nulla per me.

Se io vedo un fenomeno naturale (locale o non-locale che sia) o il suo Spirito, e io lo approccio come non distinto da me, non separato da me, io mi sto rivolgendo alla sua coscienza universale anche se lui magari non l'ha ancora realizzata.
Similmente, posso vedere uno Spirito identificato con l'Uno in maniera separata, come se fosse distinto da me, e anche se lui l'ha realizzata, io, venerandolo in questa maniera, non potrò percepire l'unità tra me e lui e con tutte le cose che lui invece percepisce quotidianamente.

Ecco dunque che l'essere o meno realizzati e uniti con il Tutto non è più una questione ontologica, si riduce al semplice "è un problema loro".
A me, sinceramente, non cambia niente sapere se uno Spirito sia o meno identificato con l'Uno.
Dipende tutto da come io lo vedo, da come io lo venero.
Posso venerare uno Spirito non-realizzato in maniera realizzata e posso venerare uno Spirito realizzato in maniera non-realizzata.
Questo è tutto ciò che conta.

Anche perché se tutto è Uno, fare distinzione tra realizzati e non realizzati è un'illusione.
E' il modo che usa la mente duale per ricreare nuovamente dualità e non vedere più l'unità tra me, quello Spirito e tutte le cose.

La visione "verticale" che distingue tra realizzato e non realizzato è dunque un'illusione, un ulteriore ostacolo posto dalla mente per non accettare l'unità con il Tutto.
Perché se tutto è Uno, tutto è Uno. Non c'è l'Uno realizzato e non realizzato. E' Uno e basta.

Quindi se ogni Spirito è un Dio se ci si rivolge ad esso come alla Coscienza Universale che si esprime tramite quel fenomeno o quello spirito, la distinzione tra Dio e Spirito sparisce, decade.

A questo punto ho capito che allora sarebbe stato più lecito distinguere tra Spiriti e Dei nel senso che gli Spiriti locali sarebbe stato giusto chiamarli appunto Spiriti, mentre gli Spiriti non-locali sarebbe stato giusto chiamarli Dei.
Una distinzione quindi basata su un ordine di grandezza.

Ma quanto grande è "il grande"? Come è possibile dire che gli Spiriti delle Forze Naturali Non-Locali siano "Dei" solo perché più grandi?
E gli Spiriti delle Forze non-locali del nostro Sistema Solare non risulteranno forse come "locali" rispetto a quelli della Galassia? E questi ultimi rispetto a quelli delle Galassie più grandi e così via di insieme in insieme via via più grande?

Ecco dunque che la distinzione per grandezza è andata a decadere.
Ecco dunque che Spiriti e Dei, nella mia visione, sono andati a coincidere.

Ho mostrato qui, dunque, tramite i miei ragionamenti, come scavando e riscavando nel Politeismo si ritrovi nient'altro che l'Animismo.

La distinzione tra Spiriti della Natura e gli Dei è dunque solo apparente.

Panta Plere Theon: Tutto è Pieno di Dei.
Nullus Locus Sine Genio: Nessun Luogo è Senza un Genio.

Gli Dei sono Spiriti, gli Spiriti sono Dei.

sabato 25 gennaio 2020

Ritualizzare i Miti degli Dei - Metodo Drammatico per Solitari e Gruppi




Rappresentazione delle Divinità:

-          Candele del colore corrispondente
-          Maschere (se indossate, assieme a veli o fasce o cinture del colore corrispondente o vestiti particolari rappresentativi della Divinità)
-          Ciondoli rappresentanti la Divinità
-          Bracciali e anelli rappresentanti la Divinità
-          Immagini e disegni, specialmente se incorniciati
-          Sigilli o simboli (anch'essi incorniciati o incisi su candele o altri oggetti) o come fogliettini (specialmente se bruciati o seppelliti per rappresentare morti rituali)
-          Statue o statuine
-          Pupazzi/bamboline o quadrati di stoffa (le bambole e i quadrati dovrebbero essere riempiti di cotone per il riempimento; quindi erbe e/o pietre corrispondenti; un'immagine o un sigillo o un simbolo corrispondente inserito come fogliettino; quindi ci si disegna sopra il ritratto della Divinità, e/o un suo simbolo o sigillo, e infine si scrive il suo nome o normale o in lingue esoteriche come il tebano. È possibile anche ricamare l'immagine della Divinità o cucirla sopra al quadrato di stoffa o alla bambolina)
-          Cristalli corrispondenti alla Divinità

Azioni:

-          Nodi e forbici (per legare e disfare legami, rappresentare unioni e rotture di relazioni nel mito)
-          Coltelli (per rappresentare uccisioni rituali)
-          Calici e/o calderoni (per rappresentare brindisi, nascite [in questo caso il simbolo della Divinità esce dal calice per indicare la nascita] e unione sessuale [unendo un coltello o un bastone/bacchetta al calice])
-          Bastone o bacchetta (per indicare un caduceo o uno scettro e per indicare un miracolo avvenuto nel rito)

-          Gli annegamenti saranno rappresentati dall'immersione del simbolo nel calice o calderone riempito d'acqua;
-          I seppellimenti dall'immersione del simbolo nel calderone riempito di terra o sale;
-          La rinascita con il riemergere del simbolo dopo il "seppellimento";
-          Le morti in generale senza rinascita tramite seppellimento o bruciando un foglietto con il simbolo corrispondente;
-          Le unioni unendo le candele tramite nodi di spaghi di colori come rosso (amore) e rosa (amicizia);
-          I voli tramite una caduta dei foglietti rappresentativi (o semplicemente spostando la rappresentazione in un'altra parte dell'altare, perché si tratta pur sempre di un semplice spostamento);
-          Le nascite tramite uscita dal calice posizionato a triangolo rispetto alle due effigi dei due genitori divini o accendendo una nuova candela dal fuoco delle candele dei genitori.


Procedimento:

1.       Prima di iniziare a rappresentare il mito, "battezzare" prima con la prima formula (vedi sotto) la rappresentazione, quindi "deconsacrarla" a fine rappresentazione con la seconda formula (vedi sotto).

2.       Per rappresentare il mito, spostare le rappresentazioni lungo l'altare secondo quando affermato dal mito.

3.       Ad ogni spostamento affermare ad alta voce l'azione che lo spostamento rappresenta ("Ulisse andò via da Itaca" mentre si sposta la candela di Ulisse da quella rappresentante Penelope, ad esempio).

4.       Il mito si compone di spostamenti e azioni rituali (anch'esse espresse esplicitamente tramite parole) ma soprattutto di recitazioni.

Ad ogni scena infatti le Divinità vanno interpretate dal praticante, che toccherà o prenderà in mano la rappresentazione e reciterà una poesia, un poema o una descrizione dell'atto compiuto dalla Divinità (e da una sua presentazione - es. "Sono Lucifero, il Dio del Sole, e risplendo luminoso ad ogni giorno" - durante le prime scene).

Le poesie possono essere create dal praticante o ispirate da componimenti legati ai miti come gli inni omerici e i poemi epici.



Metodo #1: Praticante singolo --> muove le rappresentazioni sull'altare e parla a loro nome toccandole o prendendole in mano

Prima Formula
"Accendo questa candela per rappresentare il Dio del Sole, Lucifero. Questa non è più una candela, è Lucifero, il Dio del Sole.
Ogni volta che alzerò questa candela e parlerò a nome di Lucifero non parlerò io ma parlerà Lucifero tramite me.
Nel nome di Lucifero, Antico Dio del Sole, così sia e così è!"

Seconda Formula
"Questa candela non è più il Dio del Sole Lucifero, ma torna ad essere una semplice candela.
Ogni volta che alzerò questa candela e parlerò non parlerà più Lucifero tramite me ma parlerò io.
Spengo adesso questa candela ma possa la luce di Lucifero continuare a brillare sempre nel mio cuore.
Nel nome di Lucifero, Antico Dio del Sole, così sia e così è!"



 
Metodo #2: Gruppo --> ognuno indossa la rappresentazione e parla a nome di chi interpreta

Prima Formula
"Indosso adesso questa maschera [o altro] per rappresentare il Dio del Sole, Lucifero. Indossando questa maschera io non sono più [nome proprio], ma è Lucifero, il Dio del Sole, che parla attraverso di me.
Le parole che pronuncerò saranno le sue parole, le azioni che compirò saranno le sue azioni.
Ogni volta che parlerò a nome di Lucifero non parlerò io ma parlerà Lucifero tramite me.
Nel nome di Lucifero, Antico Dio del Sole, così sia e così è!"

Seconda Formula
"Tolgo adesso questa maschera [o altro] e non sono più il Dio del Sole, Lucifero; torno ad essere [nome proprio].
Togliendo questa maschera io non sono più [nome proprio], ma è Lucifero, il Dio del Sole, che parla attraverso di me.
Ogni volta che parlerò non parlerà più Lucifero tramite me ma parlerò io.
Le parole che pronuncerò non saranno più le sue parole, saranno le mie.
Le azioni che compirò non saranno più le sue azioni, saranno le mie.
Tolgo adesso questa maschera ma possa la luce di Lucifero continuare a brillare sempre nel mio cuore.
Nel nome di Lucifero, Antico Dio del Sole, così sia e così è!"

sabato 14 dicembre 2019

Che cos'è la magia e come funziona?



Che cos'è la magia? In che modo la magia funziona, se funziona?
Personalmente, ho vissuto la mia comprensione di cosa sia la magia come un percorso strutturato su vari livelli da attraversare, via via più accurati.
Questa perlomeno è stata l'impressione che ho avuto durante la mia crescita spirituale e personale: l'ho vissuta come una scalata, come una serie di "tappe evolutive".
Non necessariamente sarà così per tutti, anzi, alcuni sicuramente vedranno il cambiamento delle mie convinzioni sulla magia nel corso del tempo come una regressione, ed è normale che sia così.
E' sano che non tutti concordino con la mia visione in merito a questo argomento, infatti non pretendo di rivelare verità assolute sulla magia, ma solo di esprimere il mio personalissimo punto di vista, assolutamente criticabile e opinabile.

Il primo livello che ho attraversato nel mio percorso è stato quello di ritenere che la magia consistesse nell'interazione con poteri effettivamente presenti in certe piante, in certi colori, in certi giorni della settimana, in certe pietre o in certi atti.
E' il tipo di magia che si basa sul concetto di "simpatia universale", ovvero l'idea che esista una sorta di corrispondenza univoca tra un elemento naturale e una forza extranaturale, o addirittura che determinati elementi naturali abbiano una forza intrinseca.
Via via ho abbandonato questa idea perché mi sono reso conto che, a seconda dei sistemi di riferimento, anche le corrispondenze cambiano moltissimo.
Ad esempio, sebbene Crowley ci abbia provato con il Liber 777, anche le corrispondenze che si hanno nei sistemi dei tarocchi, della kabbala e della magia cerimoniale sono completamente diverse tra loro. A volte coincidono, ma altre volte no, per cui magari sfogliando il Liber 777 ti ritrovi che una Sfera Planetaria corrisponde a una Sephirah, che però magari ha un altro colore rispetto a quello associato al Pianeta.
Figuriamoci quindi prima del tentativo di Crowley di aggiustare le corrispondenze, quanto poco erano concordi.
E se includiamo le corrispondenze delle civiltà più lontane a noi? Quelle indiane? Quelle cinesi? E quelle dei vari popoli indigeni?
E' ovvio quindi che le cose non possano avere una corrispondenza fissa, perché paese che vai, corrispondenze che trovi.

Il secondo livello è stato ritenere che allora la magia fosse dovuta al potere personale.
Se il sistema di corrispondenze non è importante, allora lo sarà la credenza del praticante, il potere personale dello stregone. Fortunatamente, almeno secondo la mia visione, non è così.
Quante volte siamo arrabbiati con qualcuno e vorremmo che morisse, ma il momento dopo non avremmo mai voluto nemmeno pensarlo e ci sentiamo in colpa?
Torniamo con la mente ai nostri momenti difficili, ai momenti in cui odiamo tutti.
Davvero pensiamo che avere "momenti no" possa portare male alle persone che amiamo? 
E una volta acquisita questa "consapevolezza", cosa dovremmo fare?
Reprimerci e restare per sempre allerti per qualunque mezza emozione negativa che ci balena per la testa?
O aver paura dei nostri stessi pensieri?
E' così, cari miei, che nasce il disturbo ossessivo compulsivo: quando si ha paura dei propri pensieri, quelli arrivano comunque sotto forma di pensieri intrusivi, e allora si tende a compiere un atto o a formulare un contro-pensiero per contrastarli, andando però così a rafforzare i pensieri intrusivi stessi in un circolo vizioso di ansia e disperazione.
A me quindi sembra che questo tipo di prospettiva sia invalidante proprio, conduca a una riduzione della qualità di vita al posto di aumentarla. Non posso pertanto credere che questa sia la verità. Come dice un proverbio, "se tutti potessero leggere nel pensiero, non resterebbe nemmeno un amico al mondo". Figuriamoci se tutti potessero realizzare i propri pensieri!
Non resterebbe nemmeno un amico perché sarebbero tutti morti!

Inoltre anche la parapsicologia ha fatto i suoi studi in merito: ad esempio l'interazione mente-materia, detta anche psicocinesi o PK sembra essere l'aspetto che più si afficina al concetto di magia come "effetto della mente sulla materia", pertanto i risultati della parapsicologia possono esserci molto, molto utili per capire quanto effettivamente la mente possa influire sul mondo esterno.
Ad esempio, si è studiato come la PK interferisca con fenomeni casuali come il lancio dei dadi: sebbene alcuni studi abbiano confermato la presenza di un reale effetto della mente sulla materia, hanno scoperto che la potenza di tale effetto era davvero minimale.
Ad esempio, una meta-analisi (uno studio che analizza vari studi) del 1991 di Dean Radin e di Diane Ferrari in cui venivano prese in esame 148 indagini sperimentali con cadute di dati svolte tra il 1935 e il 1987, per un totale di 2.569 partecipanti e ben 2.592.817 lanci, affiancati da 31 esperimenti di controllo comprensivi di 1.353.288 lanci in cui non vi erano tentativi di alterare i dadi, faceva notare come la forza dell’effetto PK non era riuscita ad alterare più dell’1,2% dei lanci. 

Fonte: [Radin, D. I. & Ferrari, D. C. (1991). Effects of consciousness on the fall of dice: A meta-analysis. Journal of Scientific Exploration, 5(3), 61-84.]

Pertanto, nonostante possa essere ragionevole credere all'esistenza di un effetto della mente sulla materia (sebbene alcuni scettici abbiano affermato che quest'effetto sia così minimo che potrebbe semplicemente essere dovuto al caso), anche i parapsicologi che sostengono questa posizione hanno dimostrato scientificamente che, se non è dovuto al caso, l'effetto è comunque così debole che non possiamo davvero pensare che basti da sé a modificare nemmeno il più piccolo dettaglio o evento (come un lancio di dadi), figuriamoci la nostra vita o di quella altrui.

I successivi livelli sono quelli che ho attraversato recentemente, e che includono la mia personale definizione di magia.
La magia infatti per me è un insieme di cose. E' psicomagia, è magia come potere, è magia come senso di meraviglia e di mistero ed è soprattutto magia come indistinguibile dalla religione.
Prendiamo in esame un punto per volta:

- Psicomagia. E' un concetto introdotto da Alejandro Jodorowsky, ed è riassumibile nell'osservazione che l'inconscio parli tramite simboli. Ad esempio nel sogno l'inconscio parla a noi tramite simboli che dobbiamo interpretare; allo stesso modo, tramite il rituale, che è formato da simboli, siamo noi che parliamo all'inconscio impiegando il suo stesso linguaggio.
La psicomagia è quindi l'arte di parlare all'inconscio - mediante i riti - con la lingua che lui usa per parlare a noi tramite i sogni.
La magia quindi, da questa prospettiva, non cambierebbe la materia fuori di noi, bensì modificherebbe il nostro atteggiamento, le nostre aspettative e in definitiva noi stessi, che quindi agiremo diversamente nel mondo esterno tramite profezie auto-avveranti.

- Parliamo adesso della magia intesa come potere.
Tutti, quando pensiamo alla magia, pensiamo a come cambiare qualcosa nella nostra vita, a come ottenere denaro, sesso e amore, salute, lavoro, studio, riconoscimento, carriera, stima, amicizia, armonia familiare e talvolta disgrazia per i nostri nemici.
Si tratta essenzialmente dell'ottenere la soddisfazione dei bisogni fisiologici, di sicurezza, di appartenenza e di stima elencati da Maslow nella sua Piramide dei Bisogni.
Questi bisogni, tuttavia, nella società di oggi sono facilmente raggiungibili, perché non dobbiamo scontrarci con la fame o la carestia.
Per questo, molte persone si approcciano alla magia solo una o due volte nella loro vita e poi la lasciano stare: perché è facile ottenere ciò che vogliono, e non c'è tutta questa necessità di proseguire con un percorso magico.
Chi vuole ottenere poteri "extrasensoriali", poi alla fin fine non sa che cosa farne, perché poter muovere gli oggetti o leggere nel pensiero solitamente ci serve sempre e comunque come sostegno a quelle aree specifiche di bisogni che abbiamo visto prima: denaro, sesso, amore, salute, lavoro, ecc. Quindi, sebbene mediante anni di allenamento sia possibile ottenere poteri extrasensoriali (più di percezione che di azione sulla materia, a mio avviso, per il ragionamento che facevo prima), la maggioranza delle persone quando vede che serve fatica per ottenerli (anni di meditazione, ad esempio), capisce che il gioco non vale la candela, perché anche se puoi muovere gli oggetti, che ci fai? Ci giochi per una settimana, ma dopo? Qual è il punto, lo scopo?
Inoltre questo tipo di magia, al giorno d'oggi, a mio avviso è molto poco utile, perché i soldi svolgono la sua stessa funzione.
Se vediamo ad esempio "La Tempesta" di Shakespeare, dove Prospero rinuncia alla magia per riottenere il controllo del Ducato di Milano, ci rendiamo conto che essenzialmente rinuncia alla magia per i soldi (o lo status, che è quasi la stessa cosa). Tramite i soldi possiamo ottenere tutto: possiamo ottenere il lavoro che desideriamo, costruirci una carriera, ottenere una qualifica di studio, ricevere riconoscimento e stima, avvicinarci a noi gli amici, fare sgarbi agli altri, ottenere sesso e amore, pagarci cure più costose e quindi influire sulla salute, e così via.
Essenzialmente nella nostra società i soldi sono la magia, e la magia è i soldi, quando definiamo la magia come potere. I soldi sono infatti la quintaessenza del potere.
Ma, come ci dice Jim Carrey, rimasto stupito di poter essere caduto in depressione dopo il successo, i soldi non fanno la felicità.
Una volta ottenuto tutto questo successo in tutte queste aree, una volta ottenuto un buon lavoro, l'amore, la salute, essere un minimo benestante (non necessariamente ricco, ma poter sbarcare il lunario) e avere amici, le strade sono due, o abbandoni la magia perché non ti serve più, oppure se senti ancora il richiamo ti chiedi: e dopo?

- Magia come meraviglia vs magia come tecnologia.
Questo punto si ricollega al precedente, perché la magia come potere alla fine diventa una forma di tecnologia per ottenere qualcosa, perde - per quanto paradossale possa sembrare - la sua "magia". Diventa una tecnologia per ottenere qualcosa.
Stavamo dicendo, al punto precedente, che una volta ottenuto il soddisfacimento dei bisogni più basilari, se senti ancora un richiamo da parte della magia, allora solitamente la approfondisci.
Inizi a leggere e conoscere tutti i sistemi magici. Ma dopo un po' che conosci i riti, i sistemi e le tecniche interne ai sistemi occulti, hai essenzialmente svelato la formula dietro l'arcano.
Capisci su quali principi funzioni, che se fai X ottieni Y e che W corrisponde a Z.
Una volta che conosci i principi, i pattern, gli schemi su cui si basa la magia, la magia stessa sembra essere diventata una forma di tecnologia, perde il suo mistero.
Così come non ci stupiremmo per una luce che si accende tramite un pulsante (cosa che invece nel 1300 avrebbero considerato "magia"), così smettiamo di stupirci per il rituale magico.
Inoltre se è vero che il potere, magico o economico, serve a ottenere la soddisfazione dei bisogni, una volta soddisfatti questi bisogni, il rito può essere evocativo e suggestivo per un paio di volte ancora, ma dopo un po' è semplicemente "ciò che mi permette di ottenere X", così come "il pulsante è ciò che mi permette di accendere la luce" e "la medicina è ciò che mi permette di guarire". Non guardiamo all'accendere la luce con un senso di meraviglia, al tempo stesso arriva un momento in cui smettiamo di guardare con meraviglia la magia, o perché diventa solo un mezzo per un fine (tecnologia-potere) o perché diventa qualcosa di "conosciuto" e quindi di non più misterioso (tecnologia-spiegazione).

Ecco quindi che la magia, per essere diversa dalla tecnologia, deve essere qualcos'altro. Deve essere mistero, deve essere meraviglia.
La magia è ciò che ci fa stupire, che ci intriga perché sconosciuto. Quando conosciamo lo sconosciuto, perdiamo questo mistero e con esso la magia stessa.

Pertanto come recuperare la meraviglia, come ritrovare il mistero, come "reincantare il mondo"?
A questo punto ci sono tre vie:
1) Possiamo ottenere la meraviglia cercando di rinunciare alla spiegazione. Possiamo cercare di vivere i riti, gli atti magici, senza spiegarli, senza cercare di capire perché funzionano, qual è il principio di base, qual è lo schema, il pattern.
Questa meraviglia si ottiene quindi ignorando gli schemi, cercando di non vedere i pattern che si ripetono e concentrandoci quindi esclusivamente sull'effetto senza vedere le somiglianze.
Perché se tutto è simile, tutto è riassumibile. Se tutto è riassumibile, tutto è spiegabile. Se tutto è spiegabile, prima o poi lo avrò spiegato tutto. Una volta spiegato tutto non resta traccia del suo mistero.

2) Un altro modo per non perdere la meraviglia è la creatività.
E' possibile infatti creare ogni volta qualcosa di nuovo, rielaborare e riformare i rituali affinché siano sempre diversi. Ad esempio potremo ogni volta creare una nuova invocazione ispirandoci agli inni antichi o ai componimenti dei nostri poeti preferiti; potremo addobbare ogni volta in maniera diversa l'altare; potremo modificare i rituali con dettagli ad ogni occasione differenti.
Questo tipo di strategia rende la magia quasi una forma di decoupage o di arredamento.

3) Infine, quella che forse è la strada maestra, è l'accettazione.
E' possibile accettare che le cose si ripetano, che si abbia una routine, che vi siano dei pattern, se accettiamo che questi pattern possano essere piacevoli e che i pattern piacevoli meritino di esistere e di poter ritornare.
Spesso abbiamo l'idea che la magia e la meraviglia ci debbano sconvolgere necessariamente la vita, mandare all'aria ogni pattern, ogni routine, e creare qualcosa di nuovo ogni giorno.
Invece spesso non è tanto la routine in sé che è sbagliata, è che magari riempiamo la routine di cose che non ci piace fare. Probabilmente prima o poi la routine ci può essere utile, se riempita di aspetti che sono piacevoli.
Ovviamente però piacevolezza e meraviglia non sono proprio la stessa cosa.
In questo caso non potremo aspettarci di avere una sensazione di stupore, meraviglia, sbalordimento, come la prima volta che abbiamo approcciato un rituale.
Dovremo sostituire la magia come meraviglia, come mistero, alla magia come intimità, come hygge (come direbbero i danesi), ovvero come quell'abitudine piacevole che ripetiamo perché ci scalda il cuore.
Così come d'inverno amiamo prendere il té o la cioccolata calda con le luci soffuse davanti al camino, a un libro o semplicemente al bar, magari tutti imbacuccati ma respirando a pieni polmoni quella splendida aria fresca natalizia, così potremo ricreare una forma simile di magia: quella magia routinaria ma intima, che ci ricarica come ci ricaricherebbe un té caldo davanti alla stufa, e che anche se routinaria ci nutre ogni giorno e ci dà l'energia necessaria per poter andare avanti.
E' quindi possibile sostituire la magia come meraviglia alla magia come intimità, alla magia come ricarica quotidiana... per essere moderni, alla magia come Hygge.
Dovremo abbassare le aspettative e al posto di pensare che sentiremo un effetto di mistero e stupore intensissimo, avremo semplicemente un effetto di piacere moderato, ma sarà un piacere costante, quotidiano, che riscalda il cuore.

- Magia come indistinguibile dalla religione, e come forma di preghiera/richiesta/interazione con gli Spiriti.
Questo infine è il concetto principale che mi viene in mente quando penso alla magia. Come detto prima, una volta che abbiamo ottenuto il pieno soddisfacimento di tutti i nostri bisogni primari, che cosa manca ancora? Che cosa cerchiamo in più che non siamo riusciti ancora a trovare nelle nostre vite?
Cerchiamo qualcosa di più, ma cosa? Probabilmente una connessione con un potere superiore.
Oltre i vari livelli inferiori, Maslow pone il bisogno di auto-realizzazione. E' questo che ci chiama, è questo che ci dice "vieni, approcciati alla magia".
In fondo siamo arrivati al punto in cui tutti i riti per ottenere qualcosa smettono di avere senso.
Quale rito rimane allora? Un rito spirituale.
La magia a questo punto diventa indistinguibile dalla religione, perché si esprime come forma di interazione con un potere spirituale. Diventa un approfondimento della religione perché a questo punto vogliamo ottenere un legame, un'interazione reciproca e non solo unidirezionale, di mutuo scambio, di relazione vera, tra noi e gli Dei.
Anche il rito, per essere quotidiano o almeno regolare, deve essere improntato su questo, sulla relazione tra noi e il Divino (che in ambito pagano ovviamente è rappresentato dagli Dei e dagli Spiriti).
Quindi il rituale per eccellenza diventa l'offerta. L'offerta che si mescola con la preghiera.
Noi offriamo non perché agli Dei serva qualcosa, ma come simbolizzazione del fatto che dedichiamo quel tempo specifico a loro. E' come un caffè: quando offri un caffè a una persona non pensi che le serva davvero, è una scusa, un modo per dire "questo caffè è il simbolo del mio affetto verso di te, che simbolicamente ti dono, e sto qui in un bar davanti a te per passare del tempo con te, per dedicare questo tempo soltanto a te".
Il rito è la stessa cosa: l'offerta è, come il caffé, un simbolo dell'affetto che doniamo alla Divinità. Gli Dei non hanno bisogno di nulla, dato che ci precedono.
Facciamo un rituale al posto di pregare sotto le coperte al caldo perché dedichiamo quel tempo agli Dei, alla relazione con Loro. E' una dimostrazione di impegno verso di essi.
Vuol dire che siamo disposti a fare uno sforzo per loro, che non è solo la preghierina tra una cosa e l'altra, è proprio rimarcare il fatto che per noi sono così importanti che dedichiamo al coltivare la relazione con loro un momento della nostra giornata ogni giorno o ogni settimana.
Similmente, anche la trance, il lavoro con i sogni, la divinazione, diventano modi tramite cui interagire con loro.
La trance e il lavoro con i sogni diventano il modo tramite cui vederli, visitare l'Altro Mondo insieme a loro o incontrarli lì dove loro abitano; la divinazione diventa il modo tramite cui ricevere i loro responsi e parlare con loro quando siamo in uno stato non-alterato di coscienza, e infine i segni, le coincidenze e vedere gli Dei nella Natura sono modi tramite cui interagire con essi nella vita di tutti i giorni.

Anche a livello meramente di "magia-come-tecnologia-e-potere", la magia, se partiamo da un presupposto come il mio che esclude i sistemi di corrispondenza e il potere della mente, è una forma di religione.
Se la magia come tecnologia e potere fosse solo psicomagia, agirebbe solamente sul nostro inconscio, ma non cambierebbe il mondo fuori.
Il mondo fuori cambia perché la magia è anche e soprattutto una richiesta a quelle entità che chiamiamo durante i riti.
Quindi mentre il rito agisce come forma per comunicare con il nostro inconscio, la richiesta è una forma di preghiera all'entità chiamata che permette un cambiamento fuori di noi.
L'aspetto simbolico del rituale, poi, oltre a modificare noi internamente, rappresenta anche quanto noi teniamo ad ottenere un certo risultato.
Esattamente come siamo più portati ad aiutare qualcuno che si strappa i capelli, così gli Spiriti e gli Dei probabilmente valutano allo stesso modo l'intensità di una richiesta che ha portato qualcuno addirittura a rappresentare il tutto tramite simboli.

Ovviamente il rito spesso fa uso anche di elementi che sono vivi e hanno un'anima, ad esempio piante e pietre, ma credo che se usiamo le piante e le pietre come ingredienti essi siano solo un simbolo della nostra richiesta, mentre se ci approcciamo ai loro spiriti, esso sia una forma di preghiera/magia-come-religione. Ovviamente una forma di religione animistica, che riconosce la presenza di spiriti anche in forme di esistenza non-umane e non biologiamente vive.

Adesso che abbiamo capito che cosa sia e in base a cosa funzioni, la domanda immediatamente successiva è: "perché la magia a volte funziona e altre volte no?".
Probabilmente per via di numerose varianti:
- Il nostro inconscio (a causa dell'aspetto psicomagico del rito) che interferisce in contrasto con l'intento del rituale o non si lascia influenzare facilmente da esso per via di un substrato precedente ancora da decostruire.
- La Divinità o lo Spirito non vuole, non concorda, non crede che siamo abbastanza in confidenza da chiederle un favore (soprattutto se non l'abbiamo mai pregata prima e subito le facciamo una richiesta) o non ritiene che sia la cosa migliore per noi in quel momento.
- Il Fato: questa concezione parte dall'idea che, per una serie di motivi (azioni passate? Scelte prima dell'incarnazione? Destino deciso da altre entità?), ci sia una parte della nostra vita che "dobbiamo compiere" così come è scritto, e una parte che possiamo cambiare.
Ovviamente la magia può influenzare la parte della nostra vita che possiamo cambiare ma non con la parte che è da compiere così come è scritta.

Ricordando che si tratta unicamente della mia concezione della magia e che ognuno ha la propria visione in merito, che è valida e rispettabilissima tanto quanto la mia, ringrazio tutti coloro che sono arrivati sino in fondo a questo articolo per avermi letto fino a questo punto.