mercoledì 28 settembre 2016

Meditazione osservando il cielo, le nuvole e le stelle


Io non penso che ci sia bisogno di una guida per dover capire come meditare osservando il cielo.
Penso che venga naturale rivolgere l'attenzione ad esso, alle nuvole, alle stelle.
L'unica cosa che distingue una meditazione da un semplice esercizio di libere associazioni è il restare concentrati su ciò che si osserva e non lasciarsi distrarre da altri pensieri se non ciò che si vede e il riconoscere la bellezza in ciò che si vede.
Le cose su cui ci si può concentrare sono:
- le nuvole, le loro forme (senza andare a pensare "oh quella mi sembra mia zia Giuseppina!" et similia!) e il loro colore
- gli uccelli che passano
- le stelle
- il colore del cielo in quel dato momento
- il colore del Sole in quel dato momento (soprattutto al tramonto e all'alba il colore è diversissimo)
- il colore della Luna in quel dato momento (soprattutto al suo sorgere e al suo tramontare)
- i pianeti
- gli stormi che arrivano alla mattina presto (da me circa verso le 5.30)
- le fronde degli alberi più alti che si muovono
- i profumi dei fiori degli alberi che ci arrivano.

Sicuramente c'è altro da osservare, da vedere, ma ogni cielo è diverso e ogni cielo va osservato.
Sarebbe bello farlo per almeno un quarto d'ora, per poi arrivare a mezz'ora.
Alleniamoci a vedere la bellezza, o perlomeno proviamoci!

Scatola e Pozzo dei Desideri

La Scatola dei Desideri e il Pozzo dei Desideri sono delle metodiche magiche impiegate per richiedere a un'Entità (solitamente la propria Divinità Patrona) di esaudire le nostre richieste.


Nel primo caso, ovvero quello della scatola, ci si procura una piccola scatola di legno richiudibile e la si prepara purificandola con acqua, sale, incenso e la fiamma di una candela.
Quando si vuole esprimere un desiderio, si accende la candela del colore corrispondente (o quella dell'Entità a cui si fa la richiesta o prima quella dell'Entità e poi quella della richiesta), si mette dentro alla scatola un fogliettino con scritta la richiesta e un oggetto simbolico o rappresentativo del desiderio. Quando la richiesta viene esaudita si tolgono il foglietto e l'oggetto rappresentativo dalla scatola e la si ripurifica in modo che sia pronta per un nuovo desiderio.

Come oggetti simbolici si possono inserire all'interno: pietre, erbe, foglietti di pergamena con scritto l'intento, simboli o sigilli specifici della richiesta.


Per creare invece un "Pozzo dei Desideri" in casa, si usa un recipiente (anch'esso prima purificato nello stesso modo della scatola), solitamente una ciotola, che viene riempito d'acqua.
Quando si vuole fare una richiesta alla propria Divinità Patrono si tiene in mano e si carica una moneta ripetendo il proprio intento fino a che non si sentirà la "giusta sensazione" (indice che la moneta è stata caricata correttamente) e la si tira dietro di sè, facendo in modo di centrare il Pozzo.

Quando il pozzo diventa abbastanza pieno, i soldi non vanno MAI usati per noi stessi ma andranno OBBLIGATORIAMENTE devoluti ai poveri.

Rituale di Invocazione o Possessione Rituale


Mentre negli articoli precedenti ho parlato di Evocazione, qui parlerò di Invocazione.
Sebbene con il termine Invocazione ci si riferisca spesso anche alla semplice recitazione di inni, in questo caso intenderò la parola nel suo senso etimologico, ovvero in-vocare, "chiamare a sè", qui da intendersi come "chiamare dentro di sè". Evocare invece deriva da ex-vocare, "chiamare fuori di sè".

La differenza ritualistica fondamentale tra l'evocazione e l'invocazione è che mentre durante la prima si può smettere di chiamare l'Entità quando si percepisce qualcosa, perchè indica la presenza e la manifestazione dello Spirito convocato, la richiesta che si fa durante un'invocazione deve continuare anche oltre i primi segnali, deve arrivare perlomeno fino a un momento in cui percepiamo le cose in maniera intuitiva, senza l'ausilio del pensiero, come se ci fossero infuse, come se avessimo già le risposte a tutti i nostri interrogativi, come se le conoscessimo intuitivamente, insomma un momento dove possiamo perlomeno sentire una unione parziale di coscienze, un accesso iniziale alla coscienza dell'altra Entità. Se possibile, però, dovremmo spingerci anche oltre questo punto, molto oltre. Il limite massimo nel quale ci fermeremo sarà o l'esaurimento totale (non parziale, perchè sicuramente chiamare e chiamare e chiamare è un lavoro faticoso e se ci fermiamo appena siamo stanchi non arriveremo mai al punto di far scendere in noi la Divinità) o la possessione, cioè il nostro obiettivo.

Per facilitare il raggiungimento di questo risultato si utilizzeranno vari canali (utili anche nella pratica dell'evocazione, a dire il vero):
- Il canale orale/vocale della ripetizione ritmica o cantata del nome o dell'inno;
- Il canale orale/vocale della ripetizione della preghiera o della richiesta di incorporazione;
- Il canale uditivo del tambureggiamento (di accompagno alle ripetizioni vocali, cercando di seguire lo stesso ritmo, preferibilmente uno di intensità crescente);
- Il canale tattile della purificazione (con acqua e sale, incenso, bagno o doccia) e dell'atto fisico dell'offerta;
- Il canale visivo, che consiste in un punto focale su cui rivolgere la nostra vista e attenzione durante il rituale, come ad esempio il sigillo, la statua o la fiamma della candela dell'Entità.

Tenendo presente tutto questo, ecco come procedere:

1) Purifichiamoci con un bagno, una doccia, acqua e sale consacrati o mediante il fumo dell'incenso.

2) Facciamo meditazione, non solo finchè saremo rilassati, ma fino a quando il nostro corpo si immobilizzerà da solo, la nostra concentrazione sarà totale sull'oggetto della meditazione (respiro, lo schermo nero dietro le palpebre, ecc.), ci sentiremo completamente in pace e magari se possibile percepiremo dei formicolii (dovuti proprio all'immobilità del corpo). Solo a questo punto saremo in trance, e solo dopo essere entrati in trance potremo iniziare il rito (perdendo certamente un po' di concentrazione nell'esecuzione ma non è importante).
Solitamente è difficile concentrarsi sapendo che subito dopo si deve fare qualcosa, perciò mentre ci concentriamo dimentichiamocelo, pensiamo "ah sì non è importante il rito, posso pure evitarlo, se ci impiego ore e faccio solo meditazione saltando il rito andrà bene comunque, tanto al massimo lo rifaccio il giorno dopo".

3) Accendiamo una candela del colore corrispondente alla Divinità (se non lo conosciamo va bene bianca) e quindi accendiamo anche dell'incenso in suo onore (o altre offerte alternative all'incenso, che si trovano elencate nel post "Alternative agli incensi"), dicendo:
"Antico Dio/Antica Dea [nome della propria Divinità Patrono], ascolta la mia preghiera e fai che la mia voce giunga fino a Te. Ti offro quest'incenso, oh grandioso/a Nume, possa Tu gradirlo e rafforzare il legame che intercorre tra noi."

4) Cerchiamo di percepire già da subito il legame con la nostra o le nostre Divinità Patrono usando l'esercizio del Witches Foot pagano:
Uniamo le dita indice e medio, puntandole in alto sopra la nostra testa, e ripetiamo: "Questo Mondo".
Facciamole scendere in basso fino a sotto la vita dicendo: "L'Altro Mondo".
Portiamole adesso alla nostra spalla sinistra recitando: "[Nome della nostra Divinità Patrono]".
Portiamole adesso alla nostra spalla destra affermando: "[Nome dell'altra nostra Divinità Patrono]".
Se abbiamo una sola Divinità Patrono pronunciamo il nome in maniera più lenta permettendo alle dita di poggiarsi sulla spalla sinistra e finendo di pronunciarlo una volta arrivate a quella destra.
Quindi uniamo i palmi e recitiamo a mani giunte: "Fatemi percepire" (o "Fammi percepire" nel caso di una sola Divinità Patrono).
Infine apriamo le braccia a T e diciamo: "Il collegamento con Voi" (o "Il collegamento con Te" nel caso di una sola Deità).
A questo punto chiudiamo gli occhi, inspiriamo profondamente, concentriamoci sulle nostre sensazioni e proviamo a percepire questo legame, questo collegamento.

5) Evochiamo l'entità, ovvero chiamiamola cercando di percepirla, recitando con molto pathos (e quando abbiamo finito di recitare ripetiamo e ripetiamo e ripetiamo finchè non sentiremo che la Divinità è arrivata - senza assolutamente fermarci un secondo prima di allora - neanche dopo ci fermeremo, ma proseguiremo con l'invocazione - e continuando a ripetere e ripetere con la stessa enfasi!):

"Io ti chiamo [nome della Divinità Patrono], io ti chiamo! Io ti chiamo, [nome], io ti chiamo! Io ti chiamo, [nome], io ti chiamo!
[Nome], [Nome], [Nome], [Nome], [Nome], [Nome] (e così via per un po')!
Signore/a del [Sole/Luna/vento/cielo/ecc.], Re/Regina del [Sole/Luna/vento/cielo/ecc.]!
Sovrano/a del [Sole/Luna/vento/cielo/ecc.], Dio/Dea del [Sole/Luna/vento/cielo/ecc.]!
Io ti chiamo, [nome], io ti chiamo!"

E così via, ripetendo (anche in ordine sparso) in maniera ritmica o celebrativa/solenne/declamatoria, ma sempre e comunque passionale, mettendoci cuore e anima, "infiammandoci" nel chiamare.
Se lo desideriamo possiamo anche aprire le mani a T o a V, oppure tenerle giunte, addirittura possiamo anche voler dondolare o muoverci con il corpo in accordo con quanto sentiamo.

6) A questo punto arriva il momento dell'invocazione. Porgiamo la nostra richiesta:

"Ti prego, [Nome della Divinità Patrono], prendi possesso del mio corpo!
Che le labbra con cui parli siano le mie labbra,
che la bocca con cui comunichi sia la mia bocca,
che la lingua con cui pronunci le parole sia la mia lingua!"

Quindi cantiamo ritmicamente, da lento a sempre più veloce: "[Nome della Divinità Patrono], entra in me! [Nome]! [Nome]! [Nome]!"

Ripetiamo incessantemente questa frase, con tutto il pathos e la concentrazione che abbiamo in corpo, senza farci distrarre un secondo da pensieri o da ciò che ci circonda, tenendo fisso lo sguardo sul sigillo/statua/fiamma della candela.

Questo canto ritmico può essere associato ai tamburi, che come detto prima sono un ulteriore canale uditivo.

Mentre chiamiamo e mantieniamo l'attenzione visiva, concentriamoci al contempo anche sulle nostre sensazioni: stiamo avvertendo dei cambiamenti?
Vi possono essere mutamenti nelle sensazioni, ma fintanto che il cambiamento che percepiamo non è l'unione, non è la possessione, dobbiamo continuare a ripetere e ripetere e ripetere. I segnali come sensazioni diverse, formicolii, modifiche della fiamma della candela, nella percezione della temperatura, voci, visioni, ecc. sono tutti segni che stiamo procedendo bene, ma non sono il "fine" dell'invocazione.

Come detto prima, infatti, "la richiesta che si fa durante un'invocazione deve continuare anche oltre i primi segnali, deve arrivare perlomeno fino a un momento in cui percepiamo le cose in maniera intuitiva, senza l'ausilio del pensiero, come se ci fossero infuse, come se avessimo già le risposte a tutti i nostri interrogativi, come se le conoscessimo intuitivamente, insomma un momento dove possiamo perlomeno sentire una unione parziale di coscienze, un accesso iniziale alla coscienza dell'altra Entità. Se possibile, però, dovremmo spingerci anche oltre questo punto, molto oltre. Il limite massimo nel quale ci fermeremo sarà o l'esaurimento totale (non parziale, perchè sicuramente chiamare e chiamare e chiamare è un lavoro faticoso e se ci fermiamo appena siamo stanchi non arriveremo mai al punto di far scendere in noi la Divinità) o la possessione, cioè il nostro obiettivo."

Quindi continuiamo a ripetere il canto ritmico, se possibile con tamburi africani di sottofondo, rimanendo concentrati sul punto focale fino all'esaurimento o alla possessione. A costo di restare ore e ore a ripetere, ore e ore non di ripetizione però meccanica, ma sentita, con sentimento, "infiammata", dobbiamo continuare a ripetere e a fissare fino al risultato voluto.

7) Ovviamente mentre ripetiamo e fissiamo il punto focale dobbiamo concentrarci sulle nostre sensazioni, in modo da vedere se si percepiscono differenze.

8) Dopo ore e ore di questo lavoro, non posso dire cosa seguirà. La reazione dipende da persona a persona, da Spirito invocato a Spirito invocato (o nel caso di una Deità, da Divinità chiamata a Divinità chiamata).
D'altra parte, quando riacquisteremo un minimo di lucidità dopo che l'invocazione sarà riuscita, dovremo assolutamente ringraziare per l'esperienza che ci è stata concessa. 
Inoltre, per cercare di tornare nel possesso totale del nostro corpo, reciteremo questa (o una simile creata da noi) formula (al massimo, se servirà, la ripeteremo, ma sempre con il dovuto rispetto!!):

"Grazie, [Nome della Divinità Patrono], per essere entrato/a in me.
Grazie per avermi omaggiato della tua presenza nelle mie umili membra.
Ora, ti prego, fammi tornare nel possesso completo del mio corpo!
Che le labbra di carne che hai mosso tornino ad essere le mie labbra,
che la bocca di carne con cui hai parlato torni ad essere la mia bocca
e che la lingua di carne con cui hai pronunciato le tue parole
torni ad essere la mia lingua."

9) Ringraziamo nuovamente, permettiamo all'Entità di andare, chiediamole di vegliare su di noi, spegniamo la candela e lasciamo consumare l'offerta (se d'incenso).
In caso di successo, faremo appena potremo, nel più breve lasso di tempo possibile, un rito di offerta o di evocazione con l'intento di ringraziare l'Entità per l'avvenuta invocazione/incorporazione/possessione rituale.

sabato 10 settembre 2016

Alternative agli incensi

Dopo aver citato gli incensi ogni due per tre, eccomi qui a ritenere di aver fatto male a usarli, dato che sono assai tossici, secondo alcuni studi anche più delle sigarette.
Sicuramente ci sono delle alternative. Nell'ambito della purificazione è possibile impiegare sale e acqua benedetti nel nome della propria Divinità Patrono (o solo acqua se si lavora all'aperto in quanto il sale fa male alle piante - è possibile però aggiungervi dentro delle erbe associate alla purificazione) oppure una scopa, spazzando simbolicamente via dal luogo in cui si opera le impurità.
Nell'ambito delle offerte la cosa è più difficile. Abbiamo però delle possibili scelte:


- Bruciaessenze - possiamo usare anche le stesse fragranze degli incensi impiegando gli oli essenziali.


- Libagioni
versate in un bicchierino, lasciate sull'altare fino al rito successivo oppure (soprattutto se composte da materiali che tendono a stagnare) da versare a terra una volta terminato il rituale. Possiamo usare a tal fine: latte (o corrispettivi vegetali come latte di mandorle, di soia, di riso, di avena, ecc.), profumi, succhi di frutta, infusi (come tè o camomilla, in questo caso sarebbe carino adattare la cerimonia del tè giapponese in modo da rendere il tutto più elegante e apprezzabile per gli Dei*), miele (meglio associarlo al latte, altrimenti rischiamo di far diventare tutto appiccicoso), birra e/o vino.
Inoltre, sempre come infuso, possiamo offrire tisane fatte con le erbe che avremmo usato come incenso - se sono ingeribili in questa forma senza alcun danno per la salute (anche se non le dobbiamo bere noi è il caso di non offrire qualcosa di velenoso...) - o con alternative bevibili con le stesse corrispondenze.
Questi infusi, oltre che come offerta, possono essere spruzzati sull'area di lavoro (a mano o con il rametto di un'erba corrispondente al nostro scopo) laddove il rituale preveda invece il passaggio del fumo dell'incenso all'interno della stanza.
Il latte è un'offerta presente sia nella religione Hellena che in quella Induista, quindi è da preferire; la birra è anch'essa un'offerta presente in molte religioni precristiane, soprattutto Germaniche; i succhi di frutta sono anche loro presenti nella religione Hellena, così come il miele, i profumi e il vino.
Mentre le altre offerte, latte e infusi in primis, non causano danni alle piante su cui vengono versati, il vino, la birra e l'alcol in generale anche se addirittura più attestati del latte sembrano essere ben difficili da smaltire dopo il rituale, dato che l'alcol danneggia le piante. Pertanto a lungo andare può creare qualche problema se versato sempre nello stesso luogo. Per questo motivo è meglio versarlo su pezzi di terra che sappiamo non contengano nè debbano contenere in futuro piante. In alternativa teniamolo sull'altare fino a quando è possibile, però solo se il liquido non stagna nè attira insetti.

* Ad esempio possiamo inchinarci alle Divinità, pulire con un fazzoletto il bicchierino o la tazzina, versarvi il tè all'interno, pulire con il fazzoletto sotto al bicchiere, riporre il fazzoletto, prendere la tazzina con la mano destra e riporla sulla mano sinistra, girare la tazzina verso sinistra (cioè in senso antiorario) con la mano destra e quindi chinare la testa due volte portando il bicchierino un po' più in alto rispetto al nostro capo. A questo punto si può poggiare il bicchiere sull'altare. 


- Piattino con fiori (interi, oppure in alternativa petali o ghirlande) o pot-pourri.  


- Piattino con erbe
(sarebbe la stessa idea del piattino con i fiori e si lascerebbero poi le erbe a fine rito, o al momento del rito successivo, sulla terra - coincidono con le erbe che avremmo bruciato sotto forma di incenso).


- Offerte di cibo e bevande, come biscotti o frutta e latte o vino, da mangiare e bere in onore alla Divinità o da lasciare sull'altare per la durata del rito, chiedendo all'Entità di assorbirne il nutrimento spirituale e di riempirne l'involucro materiale di benedizioni in modo da poterle assimilare noi una volta terminato il rituale, quando ci sarà permesso di mangiarle.


- Offerte di lumini o candele
, distinte dal cero rappresentativo della Divinità, da lasciar consumare fino a che si spegneranno da sole.  

venerdì 9 settembre 2016

Rituale di evocazione e contatto con Divinità e Spiriti


Questo rituale serve per mettersi in contatto con gli Spiriti e gli Dei.
Una cosa importante in questo rito è l'alternare il chiamare e il fermarsi a sentire: dobbiamo percepire oltre che chiamare, perchè se non diamo lo spazio a noi stessi di ascoltare la presenza dell'Entità chiamata, allora non la sentiremo mai.
Inoltre, fintanto che non la sentiremo, è importante continuare a chiamarla e chiamarla ancora.

Ecco come eseguirlo:

1) Accendiamo una candela del colore corrispondente alla Divinità (se non lo si conosce va bene bianca) e quindi accendiamo anche dell'incenso in suo onore, dicendo:
"Antico Dio/Antica Dea [nome della propria Divinità Patrono], ascolta la mia preghiera e fai che la mia voce giunga fino a Te. Ti offro quest'incenso, oh grandioso/a Nume, possa Tu gradirlo e rafforzare il legame che intercorre tra noi."

2) Cerchiamo di percepire già da subito il legame con la nostra o le nostre Divinità Patrono usando l'esercizio del Witches Foot, un rituale ideato da Robin Artisson che l'ha preso in prestito dalla croce cabalistica della magia cerimoniale e l'ha "paganizzato". Io a mia volta l'ho modificato in base a ciò che sentivo giusto per me. Ecco la mia versione:
Uniamo le dita indice e medio, puntandole in alto sopra la nostra testa, e ripetiamo: "Questo Mondo".
Facciamole scendere in basso fino a sotto la vita dicendo: "L'Altro Mondo".
Portiamole adesso alla nostra spalla sinistra recitando: "[Nome della propria Divinità Patrono]".
Portiamole adesso alla nostra spalla destra affermando: "[Nome dell'altra propria Divinità Patrono]".
Se si ha una sola Divinità Patrono pronunciamo il nome in maniera più lenta permettendo alle dita di poggiarsi sulla spalla sinistra e finendo di pronunciarlo una volta arrivate a quella destra.
Quindi uniamo i palmi e recitiamo a mani giunte: "Fatemi percepire" (o "Fammi percepire" nel caso di una sola Divinità Patrono).
Infine apriamo le braccia a T e diciamo "Il collegamento con Voi" (o "Il collegamento con Te" nel caso di una sola Deità).

A questo punto chiudiamo gli occhi, inspiriamo profondamente, concentriamoci sulle nostre sensazioni e proviamo a percepire questo legame, questo collegamento.

3) A seguire, ecco la vera e propria evocazione, ovvero la chiamata dell'Entità (o delle Entità, ma in quel caso dobbiamo prima chiamare una e poi l'altra Divinità o spirito) a manifestarsi e a farsi percepire nella stanza o nel luogo in cui ci troviamo.

Recitiamo, con molto pathos (e quando abbiamo finito di recitare ripetiamo e ripetiamo e ripetiamo finchè non sentiremo che la Divinità è arrivata - senza assolutamente fermarci un secondo prima di allora e continuando a ripetere e ripetere con la stessa enfasi!):

"Io ti chiamo [nome della Divinità Patrono], io ti chiamo! Io ti chiamo, [nome], io ti chiamo! Io ti chiamo, [nome], io ti chiamo!
Ti prego, manifestati in questa stanza/in questo luogo!
Fammi percepire la tua presenza! Fammi percepire la tua presenza in questa stanza/in questo luogo, [nome]!
[Nome], [Nome], [Nome], [Nome], [Nome], [Nome] (e così via per un po')!
Signore/a del [Sole/Luna/vento/cielo/ecc.], Re/Regina del [Sole/Luna/vento/cielo/ecc.]!
Sovrano/a del [Sole/Luna/vento/cielo/ecc.], Dio/Dea del [Sole/Luna/vento/cielo/ecc.]!
Io ti chiamo, [nome], io ti chiamo!"

E così via, ripetendo (anche in ordine sparso) in maniera ritmica o celebrativa/solenne/declamatoria, ma sempre e comunque passionale, mettendoci cuore e anima, "infiammandosi" nel chiamare.
Se lo si desidera si possono anche aprire le mani a T o a V, oppure tenerle giunte, addirittura si può anche voler dondolare o muoversi con il corpo in accordo con quanto si sente.

Mentre chiamiamo dobbiamo chiudere gli occhi e concentrarci sulle nostre sensazioni: stiamo avvertendo dei cambiamenti nelle nostre percezioni? Sentiamo una strana sensazione, piacevole? Percepiamo dei formicolii non dovuti ai nostri movimenti? Sentiamo che la temperatura si sta alzando? La fiamma della candela si sta modificando, alzando, o muovendo forsennatamente?
Sentiamo come se qualcuno ci stesse toccando o un vento che ci colpisce anche se porte e finestre sono chiuse e non ci sono spifferi d'aria?
Ci appare un volto o una particolare forma nel fumo dell'incenso che siamo sicuri non sia casuale o normale?
O addirittura sentiamo voci o abbiamo visioni improvvise?

In questi casi possiamo dire che la nostra evocazione ha avuto effetto. Possiamo quindi sostituire la chiamata con un ringraziamento, che sia ritmico e/o declamatorio anch'esso e duri abbastanza tempo. Ad esempio possiamo ripetere:
"Grazie per esserti manifestato/a, [nome], grazie! Grazie grazie grazie! Ti amo, [nome], ti amo!
Grazie per esserti manifestato/a, [nome], grazie! Grazie!
Grazie per avermi fatto percepire la tua presenza, [nome]!
Grazie Signore/a del [Sole/Luna/vento/cielo/ecc.], grazie Re/Regina del [Sole/Luna/vento/cielo/ecc.]! Grazie Sovrano/a del [Sole/Luna/vento/cielo/ecc.], grazie Dio/Dea del [Sole/Luna/vento/cielo/ecc.]!
Grazie, [nome], grazie! Ti ringrazio e ti amo [nome], grazie infinite per avermi concesso questo dono, questa grazia! Ti ringrazio [nome] per aver risposto alla mia chiamata! Ti amo!"

4) Per ringraziare la venuta della Divinità possiamo leggerle uno o più inni, di nostra composizione e preparati precedentemente oppure venuti sul momento (ma solo se siamo capaci, altrimenti prepariamoci!), oppure opere famose come gli Inni di Proclo, gli Inni Orfici e gli Inni Omerici.

5) Possiamo quindi offrire del cibo (anche semplici biscotti) e una bevanda o anche solo quest'ultima alla Divinità. Diciamo:
"Antico Dio/Antica Dea [nome], bevo in tuo onore, possa tu riempire il liquido di questa coppa/questo bicchiere con le tue benedizioni e possa io, bevendo, assimilare in me la capacità di percepirti sempre di più. In tuo onore io bevo, per la tua eterna gloria io bevo, [nome]!"

E quindi beviamo.

6) Adesso possiamo pregare. Possiamo chiedere:
- protezione da pericoli, malattie e maledizioni per sè e per i nostri cari;
- la buona salute;
- che la Divinità vegli su di noi.

Oltre a ciò possiamo ringraziarla per tutto ciò che ha fatto per noi, possiamo omaggiarla, possiamo comunicarle il nostro amore, esprimerle lodi e così via.

Se abbiamo una richiesta o un desiderio che vorremmo fosse soddisfatto possiamo domandarle di esaudirlo, restando però coscienti che non glielo stiamo ordinando, che dobbiamo chiederglielo nella maniera più umile possibile e che la decisione di accogliere tale richiesta è solamente della Divinità.

7) A questo punto, dopo aver parlato così tanto, è il caso di ricevere risposte dall'Entità. Per questo scopo è possibile usare la divinazione, ad esempio impiegando tarocchi, pendolino, ouija, scrying, ecc.
In alternativa possiamo aspettare che ci risponda mediante un sussurro o una visione in meditazione.

Possiamo chiederle se ha qualcosa da dirci, che dovremmo sapere, e poi domandarle magari consigli generici e/o su dubbi specifici che abbiamo su questioni spirituali o della vita di tutti i giorni.

8) Nel caso volessimo trasformare questo rito di evocazione in un sabba, potremmo aggiungerci anche il canto e il ballo in onore della Divinità.
Possiamo cantare sia lodi che inni che canzoni dedicate all'Entità o infine semplicemente il Suo nome.

9) Dopo la divinazione o dopo la danza, a seconda dei casi, possiamo ringraziare l'Entità e permetterle di andare, chiedendole al contempo di vegliare su di noi.

La Pratica della Presenza degli Dei

-- Read more at: http://www.yogananda.com.au/talks/Mokshananda03.ht
Cos'è la pratica della Presenza degli Dei? Di che si tratta?

In sintesi, consiste nel vedere, nella vita di tutti i giorni, il Nume a cui si è legati in ogni cosa e in ogni essere vivente: è riuscire a comprendere emotivamente e totalmente che la nostra Divinità Patrona si trova in ogni pianta che accarezziamo, in ogni animale che coccoliamo, in ogni persona che abbracciamo. E’ il contemplare la Bellezza del Mondo che ci circonda e scorgervi il Divino.

Il nome di questo esercizio, "Pratica della Presenza degli Dei", è il nome con cui è universalmente conosciuto a seguito della pubblicazione da parte di Fra Lorenzo della Resurrezione, un sacerdote cristiano del XVII secolo, del libricino "La Pratica della Presenza di Dio".
Anche se questo frate era cristiano, l'esercizio è conosciuto ovunque, ad esempio un antico maestro Zen usava dire "Buddha! Buddha!" a ogni essere vivente che incontrava.

La pratica è molto semplice: ricordarsi di vedere il sacro o il divino in ogni essere e in ogni cosa.
E' possibile credere che ogni cosa sia parte degli Dei, che gli Dei vi siano all'interno, che ogni cosa sia infusa dagli Dei, che ogni cosa sia creata dagli Dei, che ogni cosa abbia uno Spirito Divino al suo interno o che ogni cosa sia un Dio in potenza (molti buddhisti dicono allo stesso modo che ogni cosa ha la Natura di Buddha).
Comunque la si imposti, la pratica ci ricorda di guardare non alla superficie, a ciò che vogliamo o di cui abbiamo bisogno, ma alla dimensione sacra e spirituale che è perpetualmente presente.
Per chi compie questa pratica, gli Dei, come la bellezza, sono ovunque, serve solo riconoscere la loro presenza.

Ovviamente io parlo di Dei, ma se si ha una Divinità Patrona è meglio rivolgersi direttamente con il suo nome, piuttosto che con un fumoso "Dei".

Come praticarla?

Certamente la pratica può sembrare semplice, ma sicuramente non è facile.
Inizialmente la si può eseguire nei momenti in cui ci si sente ispirati, ad esempio davanti a un bel panorama, ma via via dovrebbe riempire la maggior parte o anche tutta la giornata.
Per ricordarsene, può essere utile ripetere una frase come "Anche questo è divino", o "gli Dei sono presenti in questo albero/fiore/ecc." (non costantemente come un mantra, ma a intermittenza, a intervalli, come un promemoria) e poi rivolgersi agli Dei come se fossero effettivamente presenti in quell'albero/fiore/oggetto dicendo loro grazie, esprimendo loro il nostro amore, dicendo che Li amiamo e che sono stupendi come quell'albero/fiore/oggetto è stupendo.
Nei momenti in cui siamo soli o in cui vi è poca gente attorno a noi possiamo anche danzare, cantare il nome dei nostri Dei o lodi in Loro onore, ringraziare ad alta voce, creare inni o poesie per loro sul momento e recitarle immediatamente, e così via.

Gli Dei sono ovunque: percepiamoli

Pensare agli Dei come presenti nell'ambiente che ci circonda è un modo eccellente per praticare la presenza degli Dei. Di tanto in tanto durante la giornata ci possiamo soffermare sugli alberi, sulle loro foglie, sui loro fiori, sul loro profumo, sulle piante nel nostro orto o balcone, sull'acqua della pioggia che ci accarezza il viso, sulla brezza ci scombina spiritosamente i capelli, sulla luce del Sole, sul suo calore che ci riscalda la pelle, sulla sensazione dell'erba sotto i piedi, sulla rugiada su di essa, sugli animali, sui corsi d'acqua come fiumi o laghi (anche laghetti in un parco), sulle stelle la sera, sulla Luna notturna, sull'alba, sul tramonto, sul crepuscolo, sulle nuvole dalle innumerevoli forme, sul cielo privo di nubi, sul fuoco di una candela, sulla nuda terra, ricordandoci che tutto questo e tutto ciò che esiste è manifestazione degli Dei.

Quando guardiamo il viso di ogni persona (gentile) che incontriamo, possiamo vedere come anche lei sia una parte dell'aspetto fisico degli Dei.

Possiamo addirittura vedere come anche noi stessi siamo parte dell'aspetto fisico degli Dei. In noi infatti esistono aria, acqua, terra e fuoco: aria il respiro, acqua il sangue che circola nelle nostre vene, terra il nostro corpo, fuoco le nostre emozioni e sensazioni.

Proviamo a concentrarci anche su ognuno degli elementi fuori di noi (aria, acqua, terra e fuoco) e vediamo anch'essi come manifestazioni degli Dei. Pensiamo: "gli Dei sono anche in questo".

Offrire le nostre azioni agli Dei

Visto che ci siamo, possiamo dedicare ogni nostra azione che sia perlomeno un minimo elegante (in modo da offrire cose dignitose) agli Dei.
Possiamo rendere le nostre azioni, il nostro cibo, il nostro lavoro e così via un’offerta ai nostri Numi Tutelari, dedicandoglieli, agendo in quell’azione/lavoro/momento spinti dall’amore e dal rendere omaggi sempre più belli e graditi alla nostra Divinità Patrono, compiendo dunque l’azione da noi effettuata in maniera perfetta, ma non per l’azione in sé, bensì per far piacere ai nostri Divini Signori.

Esprimere il nostro amore agli Dei

Possiamo esprimere la nostra meraviglia per la presenza degli Dei in ogni cosa anche cantando, danzando, ringraziando, dicendo "Vi amo" (o "Ti amo" nel caso ci si rivolga alla propria Divinità Patrono), perchè la visione della bellezza porta proprio a sentire e a voler esprimere amore.

Non facciamoci distrarre da altri pensieri

Quando pratichiamo la presenza degli Dei non dobbiamo farci prendere dai nostri problemi mondani, dalle nostre preoccupazioni, da tutto ciò che è estraneo al vedere la meraviglia del mondo e riconoscervi qualcosa di Divino.
Racconta Thoreau, che al suo tempo praticava un esercizio simile ma in maniera meno "spirituale" (ovvero camminava per i boschi e vi contemplava la bellezza di quei luoghi), nel suo libro "Camminare":
"Naturalmente non è di alcun uso dirigere i nostri passi verso le foreste se non ci portano in quella direzione. Sono allarmato quando succede che ho camminato fisicamente per un miglio in una foresta, senza avere con me lo spirito. Nelle mie passeggiate pomeridiane avrei solitamente dimenticato le mie occupazioni mattutine e i miei obblighi societari. Ma qualche volta succede che non posso facilmente dimenticarmene. Il pensiero di qualche lavoro mi gira per la testa e non sono lì dov’è il mio corpo – sono fuori di testa. Vorrei solitamente tornare in me stesso. Che ci vado a fare nella foresta se sto pensando a qualcosa che è fuori dalla foresta? Sospetto di me stesso e non posso non rabbrividire quando mi trovo così coinvolto anche in quello che viene definito un buon lavoro – e questo qualche volta può accadere."

La Natura è il corpo degli Dei

Con questo filosofo concordo anche nella meta del nostro esercizio: per definizione il bosco, fosse anche semplicemente un parco o una villa se abitiamo in città, ci offre le migliori possibilità di vedere meraviglie, di apprezzare e riconoscere alberi, fiori, piante, animali visti o sentiti mediante i loro versi, profumi di muschio e di rugiada che non riusciamo minimamente a percepire in città.
Ecco, vedere in ognuna di queste meraviglie la presenza degli Dei o anche solo la presenza degli Spiriti della Natura locali ci fa sentire in un mondo speciale, in un mondo altro, in un paradiso. Ci aiuta ad arrivare alla sensazione che "Panta Plere Theon", come diceva Talete, ovvero che tutto sia pieno di Dei e riempito dagli Dei.

La devozione in ogni momento

Oltre a ciò, si può applicare la devozione in ogni momento, ad esempio quando ci accade qualcosa di buono ringraziamo subito, non aspettiamo un "dopo", riempiamo subito la nostra preghiera con il sentimento di gratitudine intenso che sentiamo al momento.
La mattina, la sera, prima di mangiare, preghiamo e ringraziamo per uno splendido giorno che ci attende, per il cibo che abbiamo la possibilità di mangiare, per l'acqua che possiamo bere, ringraziamo per le cose belle che ci sono accadute durante la giornata ed esprimiamo agli Dei il nostro amore per Loro.
Riempiamo i singoli momenti della giornata con ringraziamenti ed espressione di amore per gli Dei, anche e soprattutto mentre compiamo l'esercizio della presenza degli Dei, ovvero soprattutto quando vediamo gli Dei attorno a noi e nelle cose che ci circondano.
Possiamo esprimere il nostro ringraziamento e la nostra devozione non solo a parole, ma anche danzando, cantando il nome della nostra Divinità Patrono o recitando brevi inni composti sul momento in Suo onore. Ovviamente per le manifestazioni di amore più dinamiche come la danza, il canto, ecc. è il caso di farle in luoghi poco pieni di gente, luoghi come boschi, parchi, a casa, in ville, ecc. e non magari in un centro commerciale, altrimenti rischieremmo di trasformare un amore personale in una pagliacciata o peggio ancora in spettacolarismo.
Però, ad esempio passando per strada, è possibile anche in città accarezzare le foglie e i tronchi degli alberi che ci circondano, pronunciando a bassa voce dei ringraziamenti o dei "Vi amo, antichi Dei".

Termino riportando questo estratto da "La Profezia di Celestino" di James Redfield che mi sembra appropriato per il tema, dato che descrive la stessa pratica ma facendo riferimento alla bellezza dentro a ogni cosa al posto della sacralità o Divinità interna alle cose:



“Questo albero ti sembra meraviglioso?” mi chiese.
“Sì”
“Allora… sentilo…”. Sembrò lottare ancora alla ricerca della parola giusta. Ci pensò un attimo e poi mi chiese, “Padre Sanchez mi ha detto che hai avuto un esperienza (mistica, di estasi) sul crinale: riesci a ricordare come ti sei sentito?”
“Mi sentivo leggero e in sintonia con l’universo.”
“In sintonia?”
“E’ difficile da descrivere. Era come se l’intero paesaggio facesse parte di me.”
“Ma com’era la sensazione?”
Ci pensai un attimo: che sensazione era? Finalmente ci arrivai.
“Amore,” risposi. “Credo di aver sentito amore per ogni cosa.”
“Sì, è proprio così. Senti la stessa cosa per l’albero.”
“Aspetta un attimo,” protestai. “L’amore è qualcosa che accade. Io non posso costringermi ad amare qualcosa.”
“Non devi imparare ad amare, ma permettere all’amore di entrare in te. E per farlo devi fare mente locale ricordando cosa hai provato e cercando di provarlo ancora.”
Guardai l’albero e cercai di ricordare l’emozione provata sul crinale. Cominciai ad ammirarne la forma e l’aspetto. Il mio apprezzamento crebbe finché provai un amore vero e proprio. Era il trasporto che avevo provato da bambino per mia madre e poi in gioventù per il mio primo amore. E anche se avevo fissato solo l’albero, quel particolare amore esisteva in senso generale: sentivo amore per ogni cosa.
Il sacerdote si allontanò di alcuni passi e mi fissò intensamente. “Bene,” esclamò. “Stai accettando l’energia.”
Notai che mi guardava con gli occhi semichiusi.
“Come fai a saperlo?” gli chiesi.-
“Perché vedo che il tuo campo di energia sta diventando sempre più grande.”
Chiusi gli occhi e cercai di raggiungere le intense sensazioni che avevo provato sul crinale, ma non riuscii a ripetere l’esperienza. Era qualcosa di simile ma di minore intensità. Il fallimento mi riempì di delusione.
“Che cosa è successo? La tua energia è crollata.”
“Non saprei. E’ solo che non sono riuscito a sentirlo intensamente come prima.”
Si limitò a guardarmi, prima divertito e poi con impazienza.
“Ciò che hai provato sul crinale era un regalo, un varco, uno sguardo lanciato al nuovo modo di essere. Ora devi imparare a raggiungere da solo quel livello, poco alla volta.”
Si allontanò ulteriormente e mi guardò di nuovo. “Adesso riprovaci.”
Chiusi gli occhi e cercai di sentire in profondità. Alla fine l’emozione mi assalì nuovamente. La trattenni cercando di aumentarla lentamente. Concentrai lo sguardo sull’albero.
“Così va molto bene”, esclamò. “Stai ricevendo energia e dandola all’albero.”
“La sto restituendo all’albero?”
“Quando tu apprezzi la bellezza e l’unicità delle cose,” mi spiegò, “ricevi energia. Quando raggiungi un livello in cui provi amore diventi capace di rimandare questa energia.”
Rimasi a lungo in quella posizione. Più mi concentravo sull’albero e ne ammiravo la forma e colori, maggiore era la quantità di amore che sembravo acquisire. Era un’esperienza davvero straordinaria. Immaginavo che la mia energia fluisse arrivando a riempire l’albero, ma non potevo vederlo. […]
“E’ stata un’esperienza fantastica,” dissi. “Ricordando l’amore che avevo provato sono riuscito ad aprirmi. Mi sono seduto lì tutto il giorno, concentrandomi. Non ho raggiunto lo stato che ho sperimentato sul crinale ma ci sono andato vicino"
Sanchez guardò più serio. “Il ruolo dell’amore è stato a lungo frainteso. L’amore non è qualcosa che dovremmo provare per essere buoni o per rendere il mondo un posto migliore in virtù di un astratto senso morale, o addirittura di una rinuncia al nostro edonismo. Entrare in contatto con l’energia provoca eccitazione, euforia e infine amore. Trovare abbastanza energia per mantenere questo stato di amore aiuta sicuramente il mondo, ma soprattutto aiuta in maniera diretta noi stessi. E’ la cosa più edonistica che potremmo fare.”

giovedì 8 settembre 2016

Come iniziare? Consigli per il neofita


Prima di iniziare dovremmo chiederci: siamo disposti a intraprendere un percorso spirituale? Oppure non siamo davvero interessati ma solo curiosi, o peggio non vogliamo metterci alcun impegno e desideriamo invece vivere la religione come il classico cattolico non praticante all'italiana?
Nel primo caso, e solo nel primo caso, possiamo iniziare.

Innanzitutto si cerca di capire quale Divinità ci è più vicina, da quale ci si sente più attratti e iniziamo a farle offerte regolari (che possono essere semplicemente un cero o una candela, dei fiori, dell'incenso, del cibo, ecc.). Per regolari intendo giornaliere o almeno settimanali (o magari a metà tra le due: più di una volta a settimana ma meno che giornaliere).
Si celebra poi tale Divinità durante i sabba e la si prova a contattare in meditazione ogni giorno.
I sabba sono semplicemente offerte in cui però si aggiunge del canto, della danza e si mangia del cibo preparato da sè in onore alla Divinità.
Le date dei sabba non sono così importanti secondo me, difatti in passato ogni regione e ogni paesino aveva date diverse: dovremmo cercare allora di creare un nostro calendario basandoci sul cambio di stagione che sentiamo noi, senza farci condizionare da equinozi, solstizi, ecc. Se sentiamo che sta arrivando la primavera anche se manca ancora un mese all'equinozio, celebriamo un sabba per ringraziare la nostra Divinità per questo arrivo! Se notiamo che arriva la neve, pure! Ogni cambiamento climatico o stagionale che ci colpisce può essere usato come sabba.
Cerchiamo poi di fare dei sabba regolarmente, ad esempio almeno uno ogni mese, oltre a quelli stagionali, in modo da poter celebrare in grande stile la nostra Deità.

Se lo si desidera si possono fare offerte anche ai propri antenati (cioè ai propri defunti), un po' come facevano le nostre nonne fino a qualche decennio fa, ovvero accendendo un lumino e/o mettendo dei fiori davanti al loro ritratto o alla loro foto e pregandoli.
Si può anche fare una piccola preghiera e lasciare del cibo la sera sul tavolo della cucina allo spirito della casa e lasciarlo lì durante la notte in modo che egli consumi l'energia spirituale del cibo riempiendolo al suo posto di benedizioni, e la mattina dopo si mangi in suo onore la rimanenza "materiale".
Possiamo legarci allo spirito di un luogo che ci è caro e fargli offerte di cibo o di bevande ogni volta che ci andiamo, e provare a percepire con tecniche di meditazione ciò che ha da dirci e la sua saggezza.

Si può provare a chiedere, nelle meditazioni giornaliere, alla propria Divinità o a uno degli spiriti con cui abbiamo intessuto un legame, di assisterci e di guidarci nell'altro mondo, in modo che ci arrivino visioni e sensazioni di ciò che c'è al di là di questo piano d'esistenza.
La meditazione può essere semplicemente un rilassarsi, esprimere ad alta voce ciò che si vuole vedere e concentrarsi quindi sul respiro o sul buio dietro le palpebre senza farsi aspettative, in modo che le visioni arrivino da sè (attenzione a distinguere le visioni dalle immagini che ci passa il subconscio!)

Oltre alla meditazione possiamo usare gli strumenti divinatori come i tarocchi, il pendolo, l'idromanzia, lo specchio nero, ecc. per metterci in contatto con tutti questi spiriti: basta chiedere loro che ci rispondano mediante questi oggetti. Se si vuole si può includere la divinazione nel rituale d'offerta, in modo che subito dopo le nostre preghiere agli spiriti possiamo ricevere le loro risposte.

Inoltre, se vogliamo allenare le nostre capacità di chiaroveggenza, telepatia, psicometria, visione remota e di contatto con gli spiriti, è possibile usare le carte Zener ed esercizi simili che ho descritto negli articoli "Esercizi con le Carte per lo sviluppo della Chiaroveggenza (e di Visione Remota, Psicometria, Telepatia, Contatto con gli Spiriti...)" ed "Esercizi di Telepatia con le Carte Zener".

In aggiunta possiamo cercare di monitorare i nostri sogni, annotandoli al risveglio (e se al risveglio non li ricordiamo annoteremo comunque qualcosa, fosse anche solo "non ricordo il mio sogno"). Se vogliamo che uno spirito di quelli con cui abbiamo intessuto un legame ci visiti in sogno, gli faremo un'offerta prima di andare a dormire chiedendogli di apparirci in sogno e magari di rispondere a un nostro quesito.
Prima di addormentarci e nel processo di addormentamento ripeteremo dunque come un mantra, in maniera incessante, prima a voce e poi solo mediante il pensiero, la nostra richiesta di incontrare lo spirito in sogno e di trovare risposta alla nostra questione. Al risveglio annoteremo ciò che ci ricorderemo, e nel caso di fallimento riproveremo la notte successiva e così via fino all'apparizione.

Una volta creato un legame con queste entità (e non prima) potremo chiedere loro di aiutarci.
Oltre alla semplice richiesta verbale possiamo creare dei veri e propri rituali di richiesta, quelli che vengono definiti "rituali magici", ma che in realtà sono semplicemente richieste simboliche atte a rafforzare il peso delle nostre richieste verbali.
Il simbolismo di questi riti si basa sull'uso di erbe, cristalli e pietre, candele, sigilli, bamboline, corde, nodi, ecc.
Con le erbe si possono creare pozioni (tipo tisane o con l'alcol), oli, incensi, potpourri, sacchettini, oli essenziali e unguenti.
Per quanto riguarda i cristalli possiamo purificarli e programmarli e impiegarli come amuleti, per la protezione della casa, come filtri (molto meno pericolosi delle erbe perchè l'acqua si immerge della loro energia ma non contiene - o non dovrebbe contenere - delle loro parti fisiche), da mettere sotto al cuscino, come griglia di cristalli o posti sopra a fogli su cui vi sia scritto il proprio desiderio.
Si possono ungere le candele, sceglierle per il loro colore, incidervi l'intento o il nome della persona che rappresentano.
Possiamo creare i nostri simboli e i nostri sigilli con il metodo della sigillazione di Spare.
Le bamboline possono essere fatte di cera o di stoffa, e possiamo metterci dentro cose appartenute o parti del corpo (cioè capelli, unghie, ecc.) della persona.
Le corde possono essere usate per legare oppure per la magia dei nodi.

I rituali possono essere fatti in qualunque momento, a patto che si sia in grado di richiamare l'attenzione dello spirito o della Divinità (essendo lui/lei ad agire per la nostra richiesta), ma alcuni asseriscono (sebbene io non concordi) che risultino potenziati scegliendo la fase lunare giusta (crescente per i progetti in crescita e gli avvicinamenti con picco alla luna piena, calante per gli allontanamenti con picco alla luna nuova) e il giorno giusto (es. venerdì = giorno di Venere = operazioni amorose e così via).

Tutti questi sono solo accenni, per maggiori informazioni è possibile visionare gli specifici articoli su ognuno dei singoli temi trattati in questo post.

mercoledì 7 settembre 2016

Se vuoi che gli Dei si manifestino nei rituali trattali come Esseri Reali

"E mi dica, in quanto pagana lei che cosa venera?"
"Venero?"
"Esatto. Immagino che le possibilità siano piuttosto ampie. Dunque a chi è dedicato il suo altare domestico? A chi si inchina? Davanti a chi prega all'alba e al tramonto?"
La ragazza fece parecchie smorfie con la bocca prima di dire: "Il principio femminile. E' una maniera di acquisire potere. Lo sapeva?"
"Certamente. E ha un nome, questo principio femminile?"
"E' la dea che c'è dentro ogni donna" rispose la ragazza con l'anello al sopracciglio e le guance soffuse di rossore. "Non ha bisogno di un nome."
"Ah" esclamò Wednesday con una smorfia scimmiesca, "e fate in suo onore grandissimi baccanali? Bevete vino inebriante sotto la luna piena mentre nei candelabri bruciano ceri scarlatti? Vi immergete nude nell'acqua alzando estatiche inni alla vostra divinità senza nome mentre le onde vi lambiscono le gambe, su su fino alle cosce come lingue di mille leopardi?"
"Lei mi sta prendendo in giro" disse la ragazza. "Non facciamo niente del genere." Inspirò profondamente. Shadow sospettò che stesse contando fino a dieci. "Volete altri caffè? Un altro mocaccino per lei, signora?" Adesso sfoderava lo stesso sorriso con il quale li aveva accolti.
Fecero di no con la testa e la ragazza andò a occuparsi di un altro cliente.
"Ecco" disse Wednesday "una che "non ha la fede e non avrà la gioia", come diceva Chesterton. Pagani, bella roba."
- da "American Gods" di Neil Gaiman

Traduzione adattata di "Gods with Agency: Ritual theory for polytheists" di Banshee Arts
(http://bansheearts.com/ritual-theory-for-polytheists/)


Qua e là sono stato parte di una conversazione in corso sulla teoria rituale per i Pagani. Mi ha fatto pensare ad alcuni atteggiamenti che osservo in molti rituali pagani, e ho finito per arrivare ad un altro oggetto di conversazione, quello del politeismo e dell'umanesimo e se pensiamo o no che gli Dei siano oggettivamente reali, o se crediamo che siano costrutti archetipali o qualcos'altro.
Ecco la domanda che continua ad emergere nella mia mente quando seguo queste discussioni:
Come faresti un rituale se gli Dei fossero reali per te?
Dato che sono un politeista, gli Dei sono reali per me. E di conseguenza percepisco come stridente un rituale che osservo che è costruito attorno alle persone presenti nella stanza in cui si effettua, che è ideato per loro, piuttosto che per gli Dei che sono stati nominati, e dove le cose sono progettate chiaramente senza far caso a se gli Dei si manifesteranno o no. Alcuni di questi sono errori che io stesso ho fatto nel mio processo di apprendimento.
Così ho deciso di esprimere qui i miei pensieri e le mie osservazioni in merito.

Divinità aroma-del-mese

OK, hai deciso di fare un rituale in cui andrai a chiamare un particolare Dio o una Dea, perché la Loro sfera di influenza ha un senso per il tuo scopo rituale, e desideri il Loro aiuto, o semplicemente invocare un Dio è parte della tua struttura rituale così si presuppone che tu debba sceglierne uno. Quindi scavando trovi alcune idee su ciò che piace Loro, e Li chiami all'interno del rito. Presumendo che, dato che è la Loro sfera di influenza, ti andranno ad aiutare, anche se non Li hai mai contattati prima. Presumendo che, dato che hai portato un'offerta che i libri dicono che a Loro piace, accetteranno subito la tua offerta e il lavoro per te. Lo so, è una delle basi, ma questo errore continua ad essere fatto e di recente ne ho visto abbastanza da sentirmi ancora infastidito. Sarebbe analogo a decidere che vuoi pubblicare un romanzo, e che sarebbe davvero bello se Neil Gaiman ti aiutasse a realizzarlo, perché ehi, questo è quello che fa, così lo chiami al telefono e lo inviti a casa tua e ti aspetti da lui non solo che si mostri, ma che si metta d'impegno per aiutarti con il tuo romanzo. E poi dici "E stiamo servendo il tuo tipo di torta preferito!" come se questo sigillasse il patto. Non importa che non ha mai sentito di te, e che tu avresti bisogno di fare un po' più di lavoro preparatorio per, sai, stabilire un rapporto con lui, magari prendere un caffè assieme o qualcosa del genere prima che ti aspetti che lui si mostri a casa tua per passare il tempo con te e risolvere i tuoi problemi.

Invocazioni

Amicizia, questo è ciò a cui punta il lavoro devozionale. Fallo prima di ogni altra cosa. In privato. Quando la Divinità si mostra a te regolarmente ed è coinvolgente con te, in quel momento potrebbe essere appropriato invocarla in un rituale pubblico [chiedendole il permesso prima mediante divinazione se il "pubblico" del rituale non include solo persone fidate e/o non venera la stessa Divinità, n.d.t.].
Questo potrebbe essere il problema più grave: sono stato a tanti rituali in cui viene fatta l'invocazione, e poi il rituale subito dopo procede immediatamente in avanti come se nulla fosse accaduto (o presumendo che qualcosa sia successa senza neanche degnarsi di fermarsi a "sentire"). Qualcuno recita alcune frasi poetiche, ma sempre di una lunghezza confortevole in modo che nessuno cominci a diventare irrequieto. O magari un canto viene usato, e un paio di strofe sono cantate, abbastanza perchè tutti siano confortevoli con le parole e il canto, e poi il canto è portato a termine in modo sicuro prima che qualcuno possa iniziare ad annoiarsi, e il rituale si sposta verso la prossima azione pianificata. Come se si supponesse che, una volta che abbiamo fatto l'invocazione, gli Dei siano lì e a bordo. Non posso fare a meno di pensare che le persone che conducono il rituale in questa maniera non stiano in realtà cercando che una presenza Altra entri nella stanza - ciò che stanno realmente cercando di fare è di evocare l'immagine e l'idea della divinità nelle menti dei partecipanti umani. E penso che ciò significhi che per loro gli Dei non sono reali.
Cosa faremmo nelle nostre invocazioni, se gli Dei fossero reali per noi? Non eseguiremmo soltanto l'invocazione, cercheremmo allo stesso tempo di sentire, percepire e ascoltare attivamente gli Dei che arrivano. 
Continueremmo a cantare, a parlare, a chiamarLi PER TUTTO IL TEMPO NECESSARIO A FARLI ARRIVARE DENTRO LA STANZA.
Costruiremmo il nostro rituale in modo da facilitare la passione nei partecipanti per questo tipo di chiamata, e non lasceremmo che l'energia muoia giù dopo un picco come fa naturalmente, ma la porteremmo avanti fino alla sensazione di arrivo, di presenza degli Dei attorno a noi.
Alleneremmo i nostri sensi a essere in grado di riconoscere quando gli Dei arrivano effettivamente, e questo sarebbe il segnale a muoverci verso il successivo stadio del rito [che suggerisco sia sempre un'offerta, una preghiera, un inno o comunque degli elogi in Loro onore, n.d.t.], invitandoLi insieme a noi.
Orienteremmo le nostre azioni nel rituale ALMENO tanto verso la comunicazione con le Presenze che stiamo tentando di evocare quanto verso i partecipanti umani.
Come comunità, dovremmo studiare la concentrazione e la pazienza, dovremmo essere disposti a mantenere una visione di magia e meraviglia interna al rituale anche in situazioni dove dobbiamo aspettare, senza annoiarci se non si va avanti con la stessa velocità della trama di uno show televisivo di 40 minuti. Avete mai visto qualche rituale devozionale indigeno? Molte persone sono disposte a cantare e danzare tutta la notte se devono. Nella mia esperienza, se sei bravo nel tuo lavoro (e se hai fatto il tuo lavoro devozionale preparatorio, vedi sopra), solitamente non prende tutta la notte. Ma può prendere di più di una dozzina di strofe del tuo canto, e se pensi che gli Dei siano reali non dovresti riagganciare il telefono finchè non rispondono.

Ospitalità

Quando chiamiamo un Dio nel nostro rito, Lo stiamo trattando come un essere vivente che abbiamo appena invitato in casa nostra? OffrendoGli ospitalità, comfort, rispetto? Ho visto tanti rituali in cui il passo successivo dopo l'invocazione è dirigere immediatamente l'attenzione della Divinità e dei partecipanti al lavoro del rito. Per me questo è l'equivalente di invitare qualcuno, e non appena è passato oltre la porta, dirgli: "Bene, sei qui. Ora vai a lavorare".
Che cosa facciamo quando abbiamo un rispettato ospite in casa? Ci parliamo. Prendiamo il suo giacchetto, gli offriamo uno spazio per sentirsi a proprio agio. Diciamo "E' bello vederti. Posso portarti qualcosa? Che cosa sta succedendo nel tuo mondo?" prima di spiattellargli davanti la roba d'affari. Dovremmo rendere l'equivalente religioso di ciò una parte standard dei nostri rituali. In termini di teoria rituale, questo significa un paio di cose. Significa dare offerte quando arriva, come un atto di ospitalità, non uno di propiziazione o di richiesta. Significa fare spazio nel proprio rituale in modo che Lui/Lei comunichi con noi, non solo che noi comunichiamo con Lui/Lei. E fare spazio perchè la comunicazione sia quello che vuole che sia, non uno spazio che abbiamo già programmato e sceneggiato.
Se stai invocando un Dio o una Dea in un sacerdote, per tutto ciò che è santo, non dargli un copione da recitare. LASCIALO. PARLARE. Sì, questo significa dover essere in grado di affidarsi all'abilità di quel sacerdote di essere in grado di sostenere la Divinità e canalizzare la Sua voce. (Non chiamare gli Dei in sacerdoti che non sono stati istruiti per farlo, e che non abbiano pratica.) Sì, questo significa che l'inaspettato può succedere. Gli Dei potrebbero decidere di far prendere al tuo rituale una deviazione non pianificata. Potresti avere a che fare con il Dio che è presente con te, al posto di quello statico nel tuo copione rituale. Se l'idea ti terrorizza, se sei riluttante a permettere la possibilità di cambiamenti al tuo rituale nelle mani degli Dei, allora ciò che stai facendo non è religione nè magia, ma solo e unicamente teatro.
Un sacco di praticanti non fanno invocazioni in contenitori umani. Alcuni esattamente per questo motivo - paura dell'inaspettato. Alcuni non lo fanno perchè non hanno accesso a sacerdoti adeguatamente formati che possano farlo. Alcuni non lo fanno per la paura che sia pericoloso per il sacerdote che agisce come contenitore. O perchè credono che l'invocazione in un recipiente umano inerentemente diminuisca, filtri e umanizzi la presenza e la coscienza degli Dei (e lo fa). Queste sono ragioni valide. Il rituale politeista può funzionare altrettanto bene senza dare agli Dei una voce umana per parlare. Ma puoi ancora necessitare di lasciarLi parlare [ad esempio mediante la divinazione, la meditazione o lo scrying, n.d.t.]. Ti serve ancora dare spazio nel tuo rituale per le Presenze che hai chiamato per farle comunicare con te e con i tuoi partecipanti, e devi attivamente facilitare questa comunicazione.
Devi ancora trattarLi come un ospite onorato, tendendo verso i loro bisogni e interessi, e facendoLi sentire a casa prima che tu chieda Loro di lavorare per te.

Reciprocità

La reciprocità è fondamentale per tutte le relazioni funzionali, incluse quelle devozionali. Credo che questa idea sia abbastanza risaputa ma spesso la vedo fraintesa.
Un errore comune è quello di trattare le offerte devozionali come transazionali. Offro a questo Dio vino e fiori, e in ritorno ottengo di poter chiedere dei favori. Non sto dicendo che ciò non funzioni - lo fa, in limitata misura. Se non ti importa che sia la parte meno profonda della piscina magica e devozionale, può andarti bene. Ma considera che inquadrare le tue offerte in modo transazionale tende a mercificare la devozione. Ti farebbe sentire bene? Quanto profonda sarebbe la tua connessione con qualcuno che fa qualcosa per te solo se ha un favore da chiederti? Quanto significativo potrebbe essere un regalo da una persona del genere per te? Quanto correresti veloce per aiutarla se si trovasse in pericolo?
Prova così: disgiungi le tue offerte dal lavoro che vuoi ottenere con l'aiuto degli Dei.
Fai offerte come pratica devozionale regolare, distinta dai rituali maggiori. Fai alcuni rituali che siano esclusivamente di natura devozionale - solo per scopi di comunione e venerazione. Lascia che queste pratiche rendano più profonda la tua relazione con gli Dei. Poi vedi cosa si sviluppa quando arriva il momento in cui hai necessità di chiedere aiuto per qualcosa. Sii quell'amico che c'è sempre, che dà sempre, il cui impegno e il cui interesse è chiaro e solido come la roccia, e per cui faresti qualsiasi cosa.
Sii quel tipo di amico con i tuoi Dei. Trova la reciprocità profonda, al posto della reciprocità transazionale.


Dei con il Libero Arbitrio

Se dovessi riassumere in un concetto di base, sarebbe questo: se i tuoi Dei sono reali per te, trattaLi come esseri con libero arbitrio. Libero Arbitrio, in inglese "agency": la capacità di un soggetto di agire. In termini magici, l'agency è qualcosa di simile alla volontà.
Se i nostri Dei sono reali, hanno libero arbitrio. Noi non riusciamo a ordinare Loro qualcosa. Noi non Li comandiamo; invece Li vi invitiamo. Noi non Li congediamo quando siamo pronti ad andare avanti; invece diciamo Loro grazie e arrivederci.
Se i nostri Dei sono reali, non scompaiono al di fuori dello spazio rituale. La relazione con gli Dei non inizia con la creazione di un cerchio (o di una ruota di medicina, o la marcatura del Rito del Martello, o qualsiasi altra cosa usi per definire lo spazio rituale). Se i nostri Dei sono reali, e hanno libero arbitrio, stanno prendendo una decisione scegliendo se rispondere o meno alle nostre chiamate. Stanno prendendo una decisione scegliendo tra impegnarsi, aiutarci, essere presenti nelle nostre vite oppure no. Non possiamo trattarLi come uno strumento che si mette di nuovo su uno scaffale quando non se ne ha bisogno, e poi aspettarci da Loro che vengano ad esercitare il Loro libero arbitrio per il nostro bene!

Che cosa faresti se gli Dei fossero reali per te?

venerdì 2 settembre 2016

Dall'offerta meccanica all'evocazione: percepire gli Dei


Accade spesso, nel corso del tempo, che le offerte agli Spiriti e agli Dei vengano sempre più agite meccanicamente, come se bastasse dire a memoria un inno o una frase d'apertura e "ho fatto il mio dovere".
Questo approccio è anti evolutivo per il nostro percorso spirituale.

Innanzitutto gli Dei non sono un dovere ma un piacere, siamo privilegiati a poter avere un contatto con Loro, non dovremmo pensare ad Essi così superficialmente! Siamo formiche rispetto a Entità Cosmiche ed Eterne che ci concedono la grazia di potersi mettere in contatto con noi e dovremmo renderci conto della reale importanza di tutto questo. Una Divinità non è un cane a cui si dà un osso per farla stare buona, una Divinità è un essere superiore a noi con cui intessiamo un legame di cui l'offerta rappresenta l'aspetto materiale dell' impegno e del tempo che dedichiamo ad Essa. Un gesto simbolico rappresenta certamente la nostra buona volontà di proseguire la costruzione di un legame anche laddove impegni, stanchezza, ecc. non ci permettono di avere lo stesso sforzo mentale ogni volta, ma non dobbiamo adagiarci sugli allori, o si rischia di far diventare l'offerta una "messa della domenica" in versione pagana.

Per evitare questo spesso si usa il fattore "occulto": a differenza di altri percorsi e delle religioni più diffuse, quando chiamiamo gli spiriti abbiamo strumenti e modi tramite cui essi possono risponderci, come la divinazione o la trance. Ho visto spesso rituali di evocazione che altro non erano che offerte, magari che terminavano con una seduta di scrying o che avevano tracciato un triangolo a differenza di una normale offerta, ma è ovvio che non si tratta di fenomeni distinti. Se ci dà più carica, usiamo pure il termine evocazione rispetto ad offerta: in effetti un'evocazione nel sentire proprio della parola è un atto a cui ci si pensa prima, a cui ci si prepara psicologicamente, che si compie in maniera anche solenne e più sentita, di certo non pensiamo a un'evocazione per accedere una candela due secondi e andarsene.

L'evocazione chiama, cerca di portare qui la Divinità. Non ci dovrebbe bastare ripetere due paroline, dovremmo sentire attivamente, dovremmo cercare di percepire quando la Divinità arriva, e finché non arriva dovremmo essere disposti a continuare a chiamarla, a chiamare il suo nome ad alta voce, a recitare le preghiere, le invocazioni, non come semplici testi, ma con passione! Potremmo anche semplicemente non fare uso di testi veri e propri, fintanto che chiamiamo possiamo anche lasciare che le parole di chiamata ci vengano da sole, dall'istinto, ma l'importante è il sentimento che ci mettiamo dietro e il non smettere finché sentiamo che qualcosa nell'aria è cambiato, che qualche sensazione ci ha pervaso, o che qualche segno, magari anche fisico, è apparso.
Dovremmo chiamare in un crescendo pieno di sentimento fino al picco, fino a che non riusciremo a percepire qualcosa o meglio Qualcuno.
Per farlo dobbiamo porre attenzione alle nostre sensazioni e allenare i nostri sensi a riconoscere quando la Deità o lo spirito è arrivato.
E se non sentiamo ancora nulla dovremmo essere disposti a chiamare, con il massimo del pathos che abbiamo in cuore, anche tutta la notte, finché non percepiremo qualcosa. Dovremmo essere disposti a continuare a chiamare, a continuare a sussurrare il nome da pianissimo a fortissimo, a cantare le sue lodi o ancora a richiedere in forma verbale o cantata la sua presenza.

Ma oltre a ciò vi è l'aspetto del ringraziamento e della lode spontanea delle Entità chiamate: il ringraziamento deve essere sentito, portare alle lacrime agli occhi, riportare tutte quelle circostanze della vita meglio se recenti ma non per forza in cui abbiamo visto un aiuto o una coincidenza che ci ha portati a ciò che siamo ora. Un altro tipo di ringraziamento è quello delle piccole cose che ci circondano: pensiamo a quanto saremmo ingrati a lamentarci quando siamo tra i pochi al mondo ad avere acqua potabile, un'educazione, un futuro, degli amici, persone che ci vogliono bene; inoltre ripensiamo agli eventi appena accaduti, e a quanto sono essenziali per noi, l'uscita, l'acquisto che aspettavamo da tempo finalmente arrivato, il progetto portato avanti che incomincia a dare frutti, ecc. Ringraziamo! Sono piccole cose, ma se messe tutte assieme, come facciamo a non provare un senso di protezione e amore nei confronti dell'Entitá che ci protegge e che ci aiuta a continuare ad avere e ad apprezzare queste piccole meraviglie della vita?

E le lodi, le lodi possono partire da alcune strutturate, ma poi bisogna lasciare andare le classiche preghiere precostruite: alla decima volta che le si ripete perdono di senso e diventano semplici filastrocche. Possiamo costruirne ogni volta di nuove o inventarne sul momento, magari ispirandoci a poesie o a romanzi ben scritti di autori che apprezziamo, e ripeterli con la giusta enfasi nel rito, possiamo imparare a suonare una melodia pochi giorni prima di ogni offerta e ripeterla nel rituale, possiamo disegnare o fare ceramiche della Divinità che veneriamo da poggiare sull'altare in suo onore, possiamo comunicarle il nostro amore riconoscendo la sua presenza accanto a noi, nelle gocce di pioggia che ci accarezzano il viso, nel profumo degli alberi in fiore in primavera, nel candido viso dell'astro lunare, nell'abbraccio cullante della notte, e cosí via.

Questa qui descritta è un'offerta, ma non è un semplice click di due secondi, è un rituale magico che parte dai sentimenti suscitati nel praticante verso la sua Deità Patrono. Sì, magico, perché l'emozione è la base di ogni vera magia e di ogni vero contatto con le Entità che abitano l'altro mondo.

Rituale di Offerta della Meraviglia Mattutina


- Svegliati un po' prima del solito

- Lavati la faccia e le mani

- Accendi una candelina (se temi che si possa spegnere usa una lampada porta-candele) e portala fuori al balcone o al davanzale dove hai le tue piantine da appartamento e dì:
"Buongiorno [Nome della propria Divinità Patrono]! Ti offro quest'acqua, possa essa rafforzare il nostro legame. Benedici il mio giorno e permettimi di vederti in ogni foglia, di scorgerti in ogni petalo, in ogni profumo che la Natura mi dona permettimi di vedere te! In ogni spirito vegetale, minerale, animale, umano o d'altra natura, concedimi di intravedere un tuo araldo, e che ogni favore verso di loro mi conduca sempre più vicino a te! Per questo motivo possa l'acqua che ora verso a queste piante raggiungerti ovunque tu dimori."

- A questo punto dà l'acqua alle piante, accarezzale, e pensa che stai mostrando così il tuo amore verso la tua Divinità Patrono, osserva la loro bellezza e meravigliati scoprendo in essa la presenza del tuo Dio o della tua Dea.

- Dopodiché accendi un po' di musica che ti piace (anche semplicemente con il cellulare), e dì:
"Permettimi, [Nome della propria Divinità Patrono], di sentire la tua presenza nella musica, sia questa che in ogni melodia che mi entusiasma, e concedimi di poter vedere in quell'entusiasmo la tua presenza, e che tale presenza mi colmi del tuo amore e delle tue benedizioni!"

- Ascolta la canzone, canticchiala se vuoi, quindi, quando è finita, dì semplicemente "Grazie di aver assistito a questo rituale, [Nome della Divinità Patrono], ti prego preservami e veglia su di me! Buona giornata!" e spegni la candela.