mercoledì 7 settembre 2016

Se vuoi che gli Dei si manifestino nei rituali trattali come Esseri Reali

"E mi dica, in quanto pagana lei che cosa venera?"
"Venero?"
"Esatto. Immagino che le possibilità siano piuttosto ampie. Dunque a chi è dedicato il suo altare domestico? A chi si inchina? Davanti a chi prega all'alba e al tramonto?"
La ragazza fece parecchie smorfie con la bocca prima di dire: "Il principio femminile. E' una maniera di acquisire potere. Lo sapeva?"
"Certamente. E ha un nome, questo principio femminile?"
"E' la dea che c'è dentro ogni donna" rispose la ragazza con l'anello al sopracciglio e le guance soffuse di rossore. "Non ha bisogno di un nome."
"Ah" esclamò Wednesday con una smorfia scimmiesca, "e fate in suo onore grandissimi baccanali? Bevete vino inebriante sotto la luna piena mentre nei candelabri bruciano ceri scarlatti? Vi immergete nude nell'acqua alzando estatiche inni alla vostra divinità senza nome mentre le onde vi lambiscono le gambe, su su fino alle cosce come lingue di mille leopardi?"
"Lei mi sta prendendo in giro" disse la ragazza. "Non facciamo niente del genere." Inspirò profondamente. Shadow sospettò che stesse contando fino a dieci. "Volete altri caffè? Un altro mocaccino per lei, signora?" Adesso sfoderava lo stesso sorriso con il quale li aveva accolti.
Fecero di no con la testa e la ragazza andò a occuparsi di un altro cliente.
"Ecco" disse Wednesday "una che "non ha la fede e non avrà la gioia", come diceva Chesterton. Pagani, bella roba."
- da "American Gods" di Neil Gaiman

Traduzione adattata di "Gods with Agency: Ritual theory for polytheists" di Banshee Arts
(http://bansheearts.com/ritual-theory-for-polytheists/)


Qua e là sono stato parte di una conversazione in corso sulla teoria rituale per i Pagani. Mi ha fatto pensare ad alcuni atteggiamenti che osservo in molti rituali pagani, e ho finito per arrivare ad un altro oggetto di conversazione, quello del politeismo e dell'umanesimo e se pensiamo o no che gli Dei siano oggettivamente reali, o se crediamo che siano costrutti archetipali o qualcos'altro.
Ecco la domanda che continua ad emergere nella mia mente quando seguo queste discussioni:
Come faresti un rituale se gli Dei fossero reali per te?
Dato che sono un politeista, gli Dei sono reali per me. E di conseguenza percepisco come stridente un rituale che osservo che è costruito attorno alle persone presenti nella stanza in cui si effettua, che è ideato per loro, piuttosto che per gli Dei che sono stati nominati, e dove le cose sono progettate chiaramente senza far caso a se gli Dei si manifesteranno o no. Alcuni di questi sono errori che io stesso ho fatto nel mio processo di apprendimento.
Così ho deciso di esprimere qui i miei pensieri e le mie osservazioni in merito.

Divinità aroma-del-mese

OK, hai deciso di fare un rituale in cui andrai a chiamare un particolare Dio o una Dea, perché la Loro sfera di influenza ha un senso per il tuo scopo rituale, e desideri il Loro aiuto, o semplicemente invocare un Dio è parte della tua struttura rituale così si presuppone che tu debba sceglierne uno. Quindi scavando trovi alcune idee su ciò che piace Loro, e Li chiami all'interno del rito. Presumendo che, dato che è la Loro sfera di influenza, ti andranno ad aiutare, anche se non Li hai mai contattati prima. Presumendo che, dato che hai portato un'offerta che i libri dicono che a Loro piace, accetteranno subito la tua offerta e il lavoro per te. Lo so, è una delle basi, ma questo errore continua ad essere fatto e di recente ne ho visto abbastanza da sentirmi ancora infastidito. Sarebbe analogo a decidere che vuoi pubblicare un romanzo, e che sarebbe davvero bello se Neil Gaiman ti aiutasse a realizzarlo, perché ehi, questo è quello che fa, così lo chiami al telefono e lo inviti a casa tua e ti aspetti da lui non solo che si mostri, ma che si metta d'impegno per aiutarti con il tuo romanzo. E poi dici "E stiamo servendo il tuo tipo di torta preferito!" come se questo sigillasse il patto. Non importa che non ha mai sentito di te, e che tu avresti bisogno di fare un po' più di lavoro preparatorio per, sai, stabilire un rapporto con lui, magari prendere un caffè assieme o qualcosa del genere prima che ti aspetti che lui si mostri a casa tua per passare il tempo con te e risolvere i tuoi problemi.

Invocazioni

Amicizia, questo è ciò a cui punta il lavoro devozionale. Fallo prima di ogni altra cosa. In privato. Quando la Divinità si mostra a te regolarmente ed è coinvolgente con te, in quel momento potrebbe essere appropriato invocarla in un rituale pubblico [chiedendole il permesso prima mediante divinazione se il "pubblico" del rituale non include solo persone fidate e/o non venera la stessa Divinità, n.d.t.].
Questo potrebbe essere il problema più grave: sono stato a tanti rituali in cui viene fatta l'invocazione, e poi il rituale subito dopo procede immediatamente in avanti come se nulla fosse accaduto (o presumendo che qualcosa sia successa senza neanche degnarsi di fermarsi a "sentire"). Qualcuno recita alcune frasi poetiche, ma sempre di una lunghezza confortevole in modo che nessuno cominci a diventare irrequieto. O magari un canto viene usato, e un paio di strofe sono cantate, abbastanza perchè tutti siano confortevoli con le parole e il canto, e poi il canto è portato a termine in modo sicuro prima che qualcuno possa iniziare ad annoiarsi, e il rituale si sposta verso la prossima azione pianificata. Come se si supponesse che, una volta che abbiamo fatto l'invocazione, gli Dei siano lì e a bordo. Non posso fare a meno di pensare che le persone che conducono il rituale in questa maniera non stiano in realtà cercando che una presenza Altra entri nella stanza - ciò che stanno realmente cercando di fare è di evocare l'immagine e l'idea della divinità nelle menti dei partecipanti umani. E penso che ciò significhi che per loro gli Dei non sono reali.
Cosa faremmo nelle nostre invocazioni, se gli Dei fossero reali per noi? Non eseguiremmo soltanto l'invocazione, cercheremmo allo stesso tempo di sentire, percepire e ascoltare attivamente gli Dei che arrivano. 
Continueremmo a cantare, a parlare, a chiamarLi PER TUTTO IL TEMPO NECESSARIO A FARLI ARRIVARE DENTRO LA STANZA.
Costruiremmo il nostro rituale in modo da facilitare la passione nei partecipanti per questo tipo di chiamata, e non lasceremmo che l'energia muoia giù dopo un picco come fa naturalmente, ma la porteremmo avanti fino alla sensazione di arrivo, di presenza degli Dei attorno a noi.
Alleneremmo i nostri sensi a essere in grado di riconoscere quando gli Dei arrivano effettivamente, e questo sarebbe il segnale a muoverci verso il successivo stadio del rito [che suggerisco sia sempre un'offerta, una preghiera, un inno o comunque degli elogi in Loro onore, n.d.t.], invitandoLi insieme a noi.
Orienteremmo le nostre azioni nel rituale ALMENO tanto verso la comunicazione con le Presenze che stiamo tentando di evocare quanto verso i partecipanti umani.
Come comunità, dovremmo studiare la concentrazione e la pazienza, dovremmo essere disposti a mantenere una visione di magia e meraviglia interna al rituale anche in situazioni dove dobbiamo aspettare, senza annoiarci se non si va avanti con la stessa velocità della trama di uno show televisivo di 40 minuti. Avete mai visto qualche rituale devozionale indigeno? Molte persone sono disposte a cantare e danzare tutta la notte se devono. Nella mia esperienza, se sei bravo nel tuo lavoro (e se hai fatto il tuo lavoro devozionale preparatorio, vedi sopra), solitamente non prende tutta la notte. Ma può prendere di più di una dozzina di strofe del tuo canto, e se pensi che gli Dei siano reali non dovresti riagganciare il telefono finchè non rispondono.

Ospitalità

Quando chiamiamo un Dio nel nostro rito, Lo stiamo trattando come un essere vivente che abbiamo appena invitato in casa nostra? OffrendoGli ospitalità, comfort, rispetto? Ho visto tanti rituali in cui il passo successivo dopo l'invocazione è dirigere immediatamente l'attenzione della Divinità e dei partecipanti al lavoro del rito. Per me questo è l'equivalente di invitare qualcuno, e non appena è passato oltre la porta, dirgli: "Bene, sei qui. Ora vai a lavorare".
Che cosa facciamo quando abbiamo un rispettato ospite in casa? Ci parliamo. Prendiamo il suo giacchetto, gli offriamo uno spazio per sentirsi a proprio agio. Diciamo "E' bello vederti. Posso portarti qualcosa? Che cosa sta succedendo nel tuo mondo?" prima di spiattellargli davanti la roba d'affari. Dovremmo rendere l'equivalente religioso di ciò una parte standard dei nostri rituali. In termini di teoria rituale, questo significa un paio di cose. Significa dare offerte quando arriva, come un atto di ospitalità, non uno di propiziazione o di richiesta. Significa fare spazio nel proprio rituale in modo che Lui/Lei comunichi con noi, non solo che noi comunichiamo con Lui/Lei. E fare spazio perchè la comunicazione sia quello che vuole che sia, non uno spazio che abbiamo già programmato e sceneggiato.
Se stai invocando un Dio o una Dea in un sacerdote, per tutto ciò che è santo, non dargli un copione da recitare. LASCIALO. PARLARE. Sì, questo significa dover essere in grado di affidarsi all'abilità di quel sacerdote di essere in grado di sostenere la Divinità e canalizzare la Sua voce. (Non chiamare gli Dei in sacerdoti che non sono stati istruiti per farlo, e che non abbiano pratica.) Sì, questo significa che l'inaspettato può succedere. Gli Dei potrebbero decidere di far prendere al tuo rituale una deviazione non pianificata. Potresti avere a che fare con il Dio che è presente con te, al posto di quello statico nel tuo copione rituale. Se l'idea ti terrorizza, se sei riluttante a permettere la possibilità di cambiamenti al tuo rituale nelle mani degli Dei, allora ciò che stai facendo non è religione nè magia, ma solo e unicamente teatro.
Un sacco di praticanti non fanno invocazioni in contenitori umani. Alcuni esattamente per questo motivo - paura dell'inaspettato. Alcuni non lo fanno perchè non hanno accesso a sacerdoti adeguatamente formati che possano farlo. Alcuni non lo fanno per la paura che sia pericoloso per il sacerdote che agisce come contenitore. O perchè credono che l'invocazione in un recipiente umano inerentemente diminuisca, filtri e umanizzi la presenza e la coscienza degli Dei (e lo fa). Queste sono ragioni valide. Il rituale politeista può funzionare altrettanto bene senza dare agli Dei una voce umana per parlare. Ma puoi ancora necessitare di lasciarLi parlare [ad esempio mediante la divinazione, la meditazione o lo scrying, n.d.t.]. Ti serve ancora dare spazio nel tuo rituale per le Presenze che hai chiamato per farle comunicare con te e con i tuoi partecipanti, e devi attivamente facilitare questa comunicazione.
Devi ancora trattarLi come un ospite onorato, tendendo verso i loro bisogni e interessi, e facendoLi sentire a casa prima che tu chieda Loro di lavorare per te.

Reciprocità

La reciprocità è fondamentale per tutte le relazioni funzionali, incluse quelle devozionali. Credo che questa idea sia abbastanza risaputa ma spesso la vedo fraintesa.
Un errore comune è quello di trattare le offerte devozionali come transazionali. Offro a questo Dio vino e fiori, e in ritorno ottengo di poter chiedere dei favori. Non sto dicendo che ciò non funzioni - lo fa, in limitata misura. Se non ti importa che sia la parte meno profonda della piscina magica e devozionale, può andarti bene. Ma considera che inquadrare le tue offerte in modo transazionale tende a mercificare la devozione. Ti farebbe sentire bene? Quanto profonda sarebbe la tua connessione con qualcuno che fa qualcosa per te solo se ha un favore da chiederti? Quanto significativo potrebbe essere un regalo da una persona del genere per te? Quanto correresti veloce per aiutarla se si trovasse in pericolo?
Prova così: disgiungi le tue offerte dal lavoro che vuoi ottenere con l'aiuto degli Dei.
Fai offerte come pratica devozionale regolare, distinta dai rituali maggiori. Fai alcuni rituali che siano esclusivamente di natura devozionale - solo per scopi di comunione e venerazione. Lascia che queste pratiche rendano più profonda la tua relazione con gli Dei. Poi vedi cosa si sviluppa quando arriva il momento in cui hai necessità di chiedere aiuto per qualcosa. Sii quell'amico che c'è sempre, che dà sempre, il cui impegno e il cui interesse è chiaro e solido come la roccia, e per cui faresti qualsiasi cosa.
Sii quel tipo di amico con i tuoi Dei. Trova la reciprocità profonda, al posto della reciprocità transazionale.


Dei con il Libero Arbitrio

Se dovessi riassumere in un concetto di base, sarebbe questo: se i tuoi Dei sono reali per te, trattaLi come esseri con libero arbitrio. Libero Arbitrio, in inglese "agency": la capacità di un soggetto di agire. In termini magici, l'agency è qualcosa di simile alla volontà.
Se i nostri Dei sono reali, hanno libero arbitrio. Noi non riusciamo a ordinare Loro qualcosa. Noi non Li comandiamo; invece Li vi invitiamo. Noi non Li congediamo quando siamo pronti ad andare avanti; invece diciamo Loro grazie e arrivederci.
Se i nostri Dei sono reali, non scompaiono al di fuori dello spazio rituale. La relazione con gli Dei non inizia con la creazione di un cerchio (o di una ruota di medicina, o la marcatura del Rito del Martello, o qualsiasi altra cosa usi per definire lo spazio rituale). Se i nostri Dei sono reali, e hanno libero arbitrio, stanno prendendo una decisione scegliendo se rispondere o meno alle nostre chiamate. Stanno prendendo una decisione scegliendo tra impegnarsi, aiutarci, essere presenti nelle nostre vite oppure no. Non possiamo trattarLi come uno strumento che si mette di nuovo su uno scaffale quando non se ne ha bisogno, e poi aspettarci da Loro che vengano ad esercitare il Loro libero arbitrio per il nostro bene!

Che cosa faresti se gli Dei fossero reali per te?

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