venerdì 2 settembre 2016

Dall'offerta meccanica all'evocazione: percepire gli Dei


Accade spesso, nel corso del tempo, che le offerte agli Spiriti e agli Dei vengano sempre più agite meccanicamente, come se bastasse dire a memoria un inno o una frase d'apertura e "ho fatto il mio dovere".
Questo approccio è anti evolutivo per il nostro percorso spirituale.

Innanzitutto gli Dei non sono un dovere ma un piacere, siamo privilegiati a poter avere un contatto con Loro, non dovremmo pensare ad Essi così superficialmente! Siamo formiche rispetto a Entità Cosmiche ed Eterne che ci concedono la grazia di potersi mettere in contatto con noi e dovremmo renderci conto della reale importanza di tutto questo. Una Divinità non è un cane a cui si dà un osso per farla stare buona, una Divinità è un essere superiore a noi con cui intessiamo un legame di cui l'offerta rappresenta l'aspetto materiale dell' impegno e del tempo che dedichiamo ad Essa. Un gesto simbolico rappresenta certamente la nostra buona volontà di proseguire la costruzione di un legame anche laddove impegni, stanchezza, ecc. non ci permettono di avere lo stesso sforzo mentale ogni volta, ma non dobbiamo adagiarci sugli allori, o si rischia di far diventare l'offerta una "messa della domenica" in versione pagana.

Per evitare questo spesso si usa il fattore "occulto": a differenza di altri percorsi e delle religioni più diffuse, quando chiamiamo gli spiriti abbiamo strumenti e modi tramite cui essi possono risponderci, come la divinazione o la trance. Ho visto spesso rituali di evocazione che altro non erano che offerte, magari che terminavano con una seduta di scrying o che avevano tracciato un triangolo a differenza di una normale offerta, ma è ovvio che non si tratta di fenomeni distinti. Se ci dà più carica, usiamo pure il termine evocazione rispetto ad offerta: in effetti un'evocazione nel sentire proprio della parola è un atto a cui ci si pensa prima, a cui ci si prepara psicologicamente, che si compie in maniera anche solenne e più sentita, di certo non pensiamo a un'evocazione per accedere una candela due secondi e andarsene.

L'evocazione chiama, cerca di portare qui la Divinità. Non ci dovrebbe bastare ripetere due paroline, dovremmo sentire attivamente, dovremmo cercare di percepire quando la Divinità arriva, e finché non arriva dovremmo essere disposti a continuare a chiamarla, a chiamare il suo nome ad alta voce, a recitare le preghiere, le invocazioni, non come semplici testi, ma con passione! Potremmo anche semplicemente non fare uso di testi veri e propri, fintanto che chiamiamo possiamo anche lasciare che le parole di chiamata ci vengano da sole, dall'istinto, ma l'importante è il sentimento che ci mettiamo dietro e il non smettere finché sentiamo che qualcosa nell'aria è cambiato, che qualche sensazione ci ha pervaso, o che qualche segno, magari anche fisico, è apparso.
Dovremmo chiamare in un crescendo pieno di sentimento fino al picco, fino a che non riusciremo a percepire qualcosa o meglio Qualcuno.
Per farlo dobbiamo porre attenzione alle nostre sensazioni e allenare i nostri sensi a riconoscere quando la Deità o lo spirito è arrivato.
E se non sentiamo ancora nulla dovremmo essere disposti a chiamare, con il massimo del pathos che abbiamo in cuore, anche tutta la notte, finché non percepiremo qualcosa. Dovremmo essere disposti a continuare a chiamare, a continuare a sussurrare il nome da pianissimo a fortissimo, a cantare le sue lodi o ancora a richiedere in forma verbale o cantata la sua presenza.

Ma oltre a ciò vi è l'aspetto del ringraziamento e della lode spontanea delle Entità chiamate: il ringraziamento deve essere sentito, portare alle lacrime agli occhi, riportare tutte quelle circostanze della vita meglio se recenti ma non per forza in cui abbiamo visto un aiuto o una coincidenza che ci ha portati a ciò che siamo ora. Un altro tipo di ringraziamento è quello delle piccole cose che ci circondano: pensiamo a quanto saremmo ingrati a lamentarci quando siamo tra i pochi al mondo ad avere acqua potabile, un'educazione, un futuro, degli amici, persone che ci vogliono bene; inoltre ripensiamo agli eventi appena accaduti, e a quanto sono essenziali per noi, l'uscita, l'acquisto che aspettavamo da tempo finalmente arrivato, il progetto portato avanti che incomincia a dare frutti, ecc. Ringraziamo! Sono piccole cose, ma se messe tutte assieme, come facciamo a non provare un senso di protezione e amore nei confronti dell'Entitá che ci protegge e che ci aiuta a continuare ad avere e ad apprezzare queste piccole meraviglie della vita?

E le lodi, le lodi possono partire da alcune strutturate, ma poi bisogna lasciare andare le classiche preghiere precostruite: alla decima volta che le si ripete perdono di senso e diventano semplici filastrocche. Possiamo costruirne ogni volta di nuove o inventarne sul momento, magari ispirandoci a poesie o a romanzi ben scritti di autori che apprezziamo, e ripeterli con la giusta enfasi nel rito, possiamo imparare a suonare una melodia pochi giorni prima di ogni offerta e ripeterla nel rituale, possiamo disegnare o fare ceramiche della Divinità che veneriamo da poggiare sull'altare in suo onore, possiamo comunicarle il nostro amore riconoscendo la sua presenza accanto a noi, nelle gocce di pioggia che ci accarezzano il viso, nel profumo degli alberi in fiore in primavera, nel candido viso dell'astro lunare, nell'abbraccio cullante della notte, e cosí via.

Questa qui descritta è un'offerta, ma non è un semplice click di due secondi, è un rituale magico che parte dai sentimenti suscitati nel praticante verso la sua Deità Patrono. Sì, magico, perché l'emozione è la base di ogni vera magia e di ogni vero contatto con le Entità che abitano l'altro mondo.

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