sabato 7 marzo 2020
Istinto e Intuizione Poetica nelle Evocazioni
Mi sono accorto che ho via via creato una sorta di "schema" delle Evocazioni e delle Offerte, che ha un po' "ristretto" il sentire, costringendolo all'interno di un elenco di azioni prefissate, che via via che vengono ripetute rituale dopo rituale, diventano abitudini, e per questo perdono così la loro magia.
Se manca la magia, il senso di meraviglia, nell'approcciarsi a un rituale, manca automaticamente anche la percezione della Divinità chiamata, e se manca tale percezione allora non parliamo più di Evocazione (o di Invocazione, se viene chiamata in sé) ma di semplice "messa pagana", ovvero di una litania ripetuta per mera abitudine ma che è lontana anni luce dal produrre un risultato autentico, una percezione reale della presenza dello Spirito o della Divinità chiamati.
Quasi sempre vi è, nelle prime fasi delle Evocazioni, un Inno o una Formula di Chiamata prestabilita, spesso espressa in forma poetica.
Questo bellissimo strumento, l'inno, diventa purtroppo inutile dopo qualche impiego, perché il nostro cervello si abitua alle parole che ripetiamo, che diventeranno via via sempre meno incisive e sempre più "messa pagana".
Dopo anni di utilizzo degli stessi inni, tali composizioni avranno perso completamente il loro potenziale evocativo.
È sempre possibile trovare nuovi inni, nuove invocazioni, ma io ci ho provato e non è mai facile. Anche perché dopo un paio di utilizzi perfino i nuovi inni perdono potere evocativo, non ci trasmettono più nulla, e non possiamo trovare infiniti nuovi inni.
Ecco che la soluzione più semplice è allora quella di leggere poesie, altri inni, componimenti di ogni tipo (anche rivolti ad altre Entità o addirittura non-spirituali) durante la giornata e lasciare che invece, dopo aver acceso le nostre candele e aver offerto l'incenso agli Dei, tali parole apprese in precedenza si mescolino e fluiscano in noi creando componimenti nuovi, composti sul momento.
Piuttosto che guardare alla formula perfetta, è sempre meglio diventare poeti, e far sì che ogni volta che ritualizzeremo potremo creare un nuovo e differente componimento poetico, evocativo, per la nostra Divinità Patrono, che non riuseremo altre volte ma che lasceremo scomparire con la fine del rituale eseguito.
È possibile a questo punto mescolare tali componimenti con gesti spontanei, musica, movimenti del corpo e danza, canto dei nomi della Divinità, divinazione, visualizzazioni ad alta voce, richieste alla Divinità di scendere nel nostro corpo, di farci percepire la sua presenza in ogni parte di noi, nelle mani o scendendo dalla testa ai piedi e risalendo poi nel nostro cuore; richiedendole di scendere e farsi percepire nel luogo sacro in cui la stiamo chiamando, in cui la stiamo evocando; omaggiare la Divinità con attributi (anche non classici o fuori dal dominio standard dell'Entità, se ci ispirano comunque una connessione con Essa) in stile poetico ispirato sul momento; inframezzare questa ispirazione poetica sul momento al parlare liberamente, confidando il nostro vissuto esteriore ed interiore agli Dei e/o facendo loro richieste.
Ognuno di questi atti dovrebbe essere compiuto in maniera spontanea, guidato dal nostro senso di magia, di meraviglia e di stupore.
Potremmo affiancarli anche alla consumazione di una bevanda o un banchetto in onore alla Divinità, affermando che in questo modo il potere degli Dei, al penetrare della bevanda nel nostro corpo, discenda allo stesso modo dentro di noi e ci pervada, permettendoci di assorbire almeno in parte il loro Infinito Potere.
È possibile, nel proprio sprint poetico, lasciarsi suggestionare dalla vita degli stregoni e delle streghe del passato, vedendoci in continuità con loro, riprendendo i loro stessi culti; dagli scenari dell'immaginario stregonesco e pagano come i templi, la terra delle fate, il sabba, le colline cave, le montagne, le foreste e i paradisi magici dove si tenevano le riunioni di streghe, isole fantastiche e magiche, alberi di noce e boschi fatati attorno a cui le persone danzano, o falò che svolgono la stessa funzione; il paese di cuccagna, le varie corti fatate, le processioni degli spiriti e così via.
Possiamo ispirarci ai grandi come Shakespeare e ai personaggi come Prospero, ambientazioni come quelle di Sogno di una Notte di Mezza Estate, la Notte di Valpurga del Faust di Goethe, ma anche casi stregoneschi famosi come quelli delle streghe britanniche che viaggiavano presso la Corte della Regina di Elphame.
È possibile ascoltare anche musica e canzoni connessi alla stregoneria, leggere brevi passi di miti, poesie, racconti popolari, confessioni di streghe e stregoni e così via per farsi ispirare al momento.
Possiamo chiedere agli Dei risposte tramite i tarocchi, il pendolo, i dadi, specchi, sfere di cristallo e altri oracoli; chiamare e cantare ripetutamente i loro nomi, meditare su di essi o sul respiro fino a ricevere una loro visione o partire con vere e proprie visualizzazioni guidate.
È possibile fare infinite altre attività.
La cosa più importante, in ogni caso, è che ciascuna azione avvenga in modo spontaneo e ispirata al monento, in maniera istintiva.
Non devono essere fasi distinte nettamente, deve essere tutto almeno in parte mescolato, affinché in questo mix si crei ad ogni rituale una nuova combinazione, unica e irripetibile, e ciò ci porti ogni volta a sentire sempre di più, sempre di più gli Dei che chiamiamo.
La poesia, ovviamente, aiuta in questo processo.
Leggere poesie durante il nostro tempo libero ci aiuta infatti a essere continuamente sottoposti a suggestioni che possono a loro volta tornare alla mente durante i rituali e permetterci di rendere le nostre lodi agli Dei molto più artisticamente belle e molto più magicamente efficaci, rafforzando il legame con gli Dei e permettendoci di sentirli durante le nostre Evocazioni e Invocazioni.
martedì 3 marzo 2020
Animismo o Politeismo? Ovvero: Cosa sono gli Dei?
Quando parliamo di Paganesimo parliamo necessariamente di Politeismo.
Possiamo distinguere tra un Politeismo "Morbido" ("Soft" Polytheism) e un Politeismo "Duro" ("Hard" Polytheism).
Il Politeismo Morbido crede che gli Dei siano aspetti di un Dio impersonale (solitamente chiamato, riprendendo dalla filosofia antica, "l'Uno" o "l'Uno-Tutto"), mentre il Politeismo Duro crede che gli Dei siano Esseri indipendenti e separati.
Io sono partito con la Wicca quando ero molto piccolo, e quindi ho creduto inizialmente in una sorta di "Politeismo Morbido", però duoteista (gli Dei maschili sono aspetti del Principio Maschile o "Dio" e le Dee femminili sono aspetti del Principio Femminile o "Dea") e non monista (gli Dei sono aspetti personali dell'Uno impersonale).
Via via mi sono però accorto che la Natura, che dovrebbe essere l'incarnazione degli Dei, non è solo maschile o femminile, e che soprattutto questo "Dio" e questa "Dea", riassumendo vari aspetti personali molto diversi tra loro - troppo diversi per poter creare un'unica personalità armonizzata con i vari aspetti (es. se hai personalità1 che è felicità, personalità2 che è pace e personalità3 che è amore, hai una super-personalità che le include che è sia felicità che pace che amore, che è funzionale) e non una che avesse sia un polo che l'altro, sia un estremo che il suo opposto (in questo caso, se hai personalità1 compassione e personalità2 crudeltà, non hai una personalità armonizzata nei suoi aspetti) -, non era possibile che fossero Esseri Personali, ma al massimo Impersonali. Quindi raggruppamenti. Cose.
Alla lunga ho realizzato che, dato che la riproduzione sessuata non è l'unica forma di riproduzione nel mondo ed è anche abbastanza recente, non era nemmeno detto che Principio Maschile e Principio Femminile fossero anche dei raggruppamenti, perché pensare che tutto l'Universo funzioni in base a dei principi di riproduzione sessuata che nemmeno sono presenti in tutti gli esseri è assurdo.
Al massimo - pensavo - poteva esistere il maxi-raggruppamento equiparabile con l'insieme dell'Universo sia fisico che spirituale, il Tutto o Uno.
Anche qui, però, l'Uno non è possibile che sia un Essere Personale, è necessariamente un essere impersonale. Un raggruppamento. Un "Qualcosa" e non "Qualcuno".
Quindi gli Dei, nella mia visione, sono diventati - come dicono i Politeisti Duri - Esseri Indipendenti e Separati, perché tanto quest'Uno, essendo impersonale, ritualmente nella pratica è come se non ci fosse, mentre a livello teorico ero più vicino al Politeismo Morbido, asserendo che gli Dei fossero gli aspetti personali dell'Uno impersonale.
Ma un secondo... non siamo tutti aspetti personali dell'Uno impersonale? Non sono forse anche io un aspetto personale (essendo una persona) dell'Uno (vivendo nell'Universo)?
Allora cosa ci distingue dagli Dei?
Gli Dei sono aspetti coscienti dell'Uno impersonale, mi sono detto.
Ma come fanno a essere coscienti? Ci sono nati, coscienti?
Se fosse così a cosa serve il meccanismo della reincarnazione (che si presuppone abbia senso come sistema solo in quanto permette all'Uno di sperimentarsi come separato e poi di riunirci ad Esso)?
Perché se gli Dei non sono mai stati separati dall'Uno, allora esistono davvero? Non essendo mai stati separati sarebbero mere "maschere" e non vere "persone". Sarebbero dei simboli.
Ma allora con chi ho interagito? Chi erano quelle personalità?
E' evidente dunque che avessero una personalità.
Ecco dunque che mi sono risposto con questa idea: gli Dei sono spiriti che, come tutti, si sono incarnati e poi sono tornati all'Uno.
Ma, essendoci il "Dio di questo fenomeno naturale" e il "Dio di quest'altro fenomeno naturale", era evidente che gli Dei fossero gli Spiriti dei fenomeni naturali, l'Anima dei fenomeni naturali, oltre che aspetti dell'Uno coscienti di esserlo.
Quindi gli Dei sarebbero stati Spiriti riuniti all'Uno che non partivano dalla condizione di esseri umani ma da quella di Spiriti della Natura.
Però, se si sono riuniti all'Uno, come fanno ad avere una personalità?
Era per me evidente che, se rispondevano ancora, questo voleva dire che una volta raggiunto l'Uno non si perda la propria coscienza personale.
Da questa osservazione ho compreso che gli Dei e tutti gli Spiriti abbiano:
- un corpo fisico (per noi il corpo umano, per gli Dei il fenomeno naturale di cui sono lo spirito)
- uno spirito o coscienza personale (per noi il nostro corpo sottile che vediamo nel viaggio extracorporeo e per loro lo spirito che ci appare quando li contattiamo in trance o in sogno)
- una coscienza universale (l'Uno che si esprime tramite essere umano nel nostro caso o come spirito di un fenomeno naturale nel caso degli Dei).
Dire quindi che gli Dei siano aspetti coscienti dell'Uno non vuol dire che abbiano dissolto il loro corpo fisico e il loro corpo spirituale, ma che, mentre prima erano identificati con l'uno o con l'altro, adesso si siano identificati con l'Uno che si esprime tramite loro e che li collega al resto dell'Universo.
Però... come è possibile capire quale Spirito della Natura sia un Dio e quale no?
Di solito esiste una gerarchia nelle religioni pagane, una separazione tra gli Dei più propriamente detti e degli Dei minori o Spiriti come le Ninfe ed entità simili.
Ho dunque creduto che le Ninfe e gli altri Spiriti della Natura più "locali" (Spiriti dei Luoghi) fossero appunto Spiriti, identificati con il loro luogo (corpo fisico) o con la loro anima (corpo sottile/coscienza personale), mentre gli Spiriti della Natura più "non-locali" (ovvero dei fenomeni naturali più grandi, che ritroviamo in ogni parte del mondo), essendo vissuti da più tempo (il Sole o la Terra esistono da più tempo del bosco medio, che è relativamente recente), abbiano accumulato così tanta saggezza da essere stati in grado di raggiungere l'identificazione con l'Uno.
Solo questi ultimi - gli Spiriti non-locali - erano dunque Dei, mentre gli Spiriti locali erano appunto Spiriti.
Ma ma ma... chi lo dice che uno Spirito non-locale abbia necessariamente raggiunto l'Uno? E chi lo dice che uno Spirito locale non l'abbia raggiunto?
Inoltre se tutto è Uno, l'identificazione con l'Uno non cambia assolutamente nulla per me.
Se io vedo un fenomeno naturale (locale o non-locale che sia) o il suo Spirito, e io lo approccio come non distinto da me, non separato da me, io mi sto rivolgendo alla sua coscienza universale anche se lui magari non l'ha ancora realizzata.
Similmente, posso vedere uno Spirito identificato con l'Uno in maniera separata, come se fosse distinto da me, e anche se lui l'ha realizzata, io, venerandolo in questa maniera, non potrò percepire l'unità tra me e lui e con tutte le cose che lui invece percepisce quotidianamente.
Ecco dunque che l'essere o meno realizzati e uniti con il Tutto non è più una questione ontologica, si riduce al semplice "è un problema loro".
A me, sinceramente, non cambia niente sapere se uno Spirito sia o meno identificato con l'Uno.
Dipende tutto da come io lo vedo, da come io lo venero.
Posso venerare uno Spirito non-realizzato in maniera realizzata e posso venerare uno Spirito realizzato in maniera non-realizzata.
Questo è tutto ciò che conta.
Anche perché se tutto è Uno, fare distinzione tra realizzati e non realizzati è un'illusione.
E' il modo che usa la mente duale per ricreare nuovamente dualità e non vedere più l'unità tra me, quello Spirito e tutte le cose.
La visione "verticale" che distingue tra realizzato e non realizzato è dunque un'illusione, un ulteriore ostacolo posto dalla mente per non accettare l'unità con il Tutto.
Perché se tutto è Uno, tutto è Uno. Non c'è l'Uno realizzato e non realizzato. E' Uno e basta.
Quindi se ogni Spirito è un Dio se ci si rivolge ad esso come alla Coscienza Universale che si esprime tramite quel fenomeno o quello spirito, la distinzione tra Dio e Spirito sparisce, decade.
A questo punto ho capito che allora sarebbe stato più lecito distinguere tra Spiriti e Dei nel senso che gli Spiriti locali sarebbe stato giusto chiamarli appunto Spiriti, mentre gli Spiriti non-locali sarebbe stato giusto chiamarli Dei.
Una distinzione quindi basata su un ordine di grandezza.
Ma quanto grande è "il grande"? Come è possibile dire che gli Spiriti delle Forze Naturali Non-Locali siano "Dei" solo perché più grandi?
E gli Spiriti delle Forze non-locali del nostro Sistema Solare non risulteranno forse come "locali" rispetto a quelli della Galassia? E questi ultimi rispetto a quelli delle Galassie più grandi e così via di insieme in insieme via via più grande?
Ecco dunque che la distinzione per grandezza è andata a decadere.
Ecco dunque che Spiriti e Dei, nella mia visione, sono andati a coincidere.
Ho mostrato qui, dunque, tramite i miei ragionamenti, come scavando e riscavando nel Politeismo si ritrovi nient'altro che l'Animismo.
La distinzione tra Spiriti della Natura e gli Dei è dunque solo apparente.
Panta Plere Theon: Tutto è Pieno di Dei.
Nullus Locus Sine Genio: Nessun Luogo è Senza un Genio.
Gli Dei sono Spiriti, gli Spiriti sono Dei.
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